Mark e Patricia McCloskey, i due avvocati di St. Louis, sono finiti sotto inchiesta per aver puntato due armi contro manifestanti pacifici di Black Lives Matter
Mark e Patricia McCloskey, i due avvocati che hanno attirato l’attenzione nazionale dopo aver puntato le pistole contro i manifestanti di Black Lives Matter fuori dalla loro casa di St. Louis, hanno difeso il diritto di usare le pistole per autodifesa e per difendere la loro proprietà nella prima notte della convention nazionale repubblicana del 24 agosto 2020.
Mark e Patricia non si limitano a difendere le loro azioni, sostenendo le politiche del presidente Trump, ma lanciano un avvertimento: «questi radicali non si accontentano di marciare per le strade, vogliono camminare nelle sale del congresso, vogliono prendere il sopravvento, vogliono il potere. Questo è il partito di Joe Biden, queste sono le persone che si occuperanno del tuo futuro e del futuro dei tuoi figli. Non sono soddisfatti di diffondere il caos e la violenza nelle nostre comunità […] quindi non commettere errori, non importa dove vivi, la tua famiglia non sarà al sicuro nell’America dei democratici radicali».
Quanto riferito recentemente dal noto chirurgo plastico Roy de Vita in un video su Facebook, solleva dubbi sulla affidabilità dei «test rapidi con il tampone». Il medico parla di una «esperienza diretta», ma nel filmato non fa altro che riferire quanto raccontatogli dalla compagna, in merito a due falsi negativi eseguiti sui suoi figli, di rientro da Porto Cervo in Sardegna. de Vita conclude quindi che «i test rapidi per i tamponi sono assolutamente inaffidabili».
I ragazzi avrebbero effettuato un tampone presso una «prestigiosa struttura privata di Roma» dopo che uno di loro cominciò a manifestare i primi sintomi di febbre. O meglio, un operatore della struttura avrebbe effettuato dei tamponi a domicilio per poi eseguire i test nella loro sede. L’esito – negativo – è stato ottenuto tramite un «test rapido» nell’arco di circa mezz’ora. Secondo de Vita è impossibile avere degli esiti in così poco tempo.
Il chirurgo continua la sua narrazione indiretta, riportando quanto riferisce la compagna, che gli parla di un «test rapido tipo quello sierologico». Poi però de Vita scopre che il test consisteva nel «trovare l’antigene virale». Questo «test rapido» a cui il chirurgo contrappone un «test classico» (verosimilmente riferendosi alla PCR) sarebbe stato validato da una delle strutture ospedaliere in prima linea nella ricerca contro la Covid-19.
Il giorno dopo i ragazzi vengono sottoposti al «tampone classico», scoprendo che erano in realtà positivi. de Vita conclude quindi che i tamponi sarebbero «assolutamente inaffidabili» e lamenta il fatto che questi vengano eseguiti addirittura negli aeroporti. Vi sarebbe quindi il legittimo sospetto che tanti positivi inconsapevoli finiscano per fare gli untori in virtù di questi test, riconosciuti nonostante la palese inefficacia.
Ora cerchiamo di fare chiarezza per non far semplificare estremamente la questione. Anticipiamo subito che possiamo stare tranquilli: se vengono eseguiti test di quel tipo negli aeroporti, a questi seguirebbero comunque gli esiti dell’analisi molecolare.
Tamponi e test sierologici negli aeroporti
Della confusione tra test con e senza il tampone avevamo già trattato. Basandoci sugli elementi narrati da de Vita, capiamo che i ragazzi sono stati sottoposti a un tampone a cui è seguito un test rapido, al fine di individuare gli antigeni del SARS-CoV2.
Andrebbe escluso quindi il test rapido basato sugli anticorpi, che non si effettua col tampone, ma tramite un piccolo campione di sangue. Oggi dal tampone è possibile effettuare il test molecolare (RT-PCR), volto però a individuare l’RNA virale; si esegue nell’arco di 24 ore e dovremmo quindi altrettanto escluderlo dalla narrazione.
Non sarebbe da escludere comunque l’eventualità che i figli della compagna del chirurgo siano stati sottoposti a un test rapido molecolare, che sono notoriamente meno affidabili e non riguarderebbero quelli eseguiti negli aeroporti.
In questi giorni si dibatte sui principali due approcci differenti attuati rispettivamente negli aeroporti di Roma e Milano. Il primo è quello rapido sierologico, il secondo direttamente col test RT-PCR. Di test rapido antigenico negli aeroporti del Lazio fa menzione in una intervista per AGI Claudio Mastroianni, direttore della Clinica malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma:
«I test che si effettuano negli aeroporti del Lazio fanno una ricerca rapida degli antigeni del virus e, anche se non sono molto sensibili, quantomeno consentono di intercettare le persone contagiate di recente e quelle con la più alta carica virale».
Sappiamo anche di una sperimentazione – con volontari – che sta avvenendo negli aeroporti di Milano, quindi con soggetti sotto controllo. Ricordiamo che in tutti i casi i risultati vengono comunque confrontati poi con quelli del cosiddetto «tampone standard».
Test rapido antigenico
Affidandoci a quanto riportato dal Chirurgo, che a sua volta si rifà alla narrazione della compagna, deduciamo che i ragazzi siano stati sottoposti a tampone per il test antigenico, a cui è seguito – come da prassi – quello RT-PCR.
A seguito di un «tampone nasale» (come descritto dallo stesso de Vita), a differenza di quello orofaringeo richiesto per la RT-PCR, il test viene eseguito mediante degli anticorpi che si legano alle glicoproteine Spike (S) del Coronavirus, ovvero i loro antigeni, che ricoprono il SARS-CoV2. Dal momento che questo patogeno prolifera soprattutto nelle cellule polmonari, in alcuni pazienti risulterebbe difficile da trovare nelle alte vie respiratorie, ragione per cui sono stati sollevati diversi dubbi sulla loro efficacia.
Test rapido sierologico
Quando sentiamo parlare di test rapido, generalmente si intende quello qualitativo sierologico, che non riguarda il tampone ma un piccolo campione di sangue. Esiste anche il test quantitativo sierologico, che valuta quanti anticorpi sono presenti nel sangue. A noi interessa il primo, che valuta l’effettiva presenza di quelli specifici contro il Coronavirus, ovvero le immunoglobuline (Ig).
Problemi dovuti alle dinamiche legate all’intervento delle IgM e IgG, di cui potete trovare un nostro approfondimento, lasciano sempre aperta la possibilità che vengano prodotti falsi positivi e negativi. Per questo si devono sempre effettuare dei successivi test RT-PCR, che accertino l’effettiva presenza del RNA virale.
Tampone con test molecolare (RT-PCR)
A seguito di un tampone orofaringeo, si esegue il test molecolare RT-PCR. Dal momento che individua la traccia genomica del SARS-CoV2, la possibilità che questo genere di test dia dei falsi negativi è remota. Non di meno, dal momento che la presenza di RNA virale non indica l’effettiva attività del virus, sono possibili dei falsi positivi, ragione per cui questo genere di test deve essere ripetuto.
I test sierologici sono più economici e possono venire eseguiti in tempi brevi, in modo da individuare tempestivamente i presunti positivi, mentre l’evenienza che vengano prodotti falsi negativi dovrebbe essere compensata dal rispetto delle norme di distanziamento sociale. In questo modo è possibile effettuare una somministrazione più mirata dei più costosi test molecolari, che richiedono anche più tempo.
La prudenza va bene, l’allarmismo no
I test rapidi a cui fa molto probabilmente riferimento de Vita potrebbero portare un contributo importante nella nostra capacità di individuare i soggetti potenzialmente positivi tempestivamente.
Se non altro il chirurgo – già vittima di disinformazione – raccomanda ai follower di restare sempre prudenti, in attesa degli esiti definitivi mediante i test molecolari, senza mai negare l’importanza del distanziamento sociale. Bisogna comunque stare attenti a non lanciare facili allarmismi sui test standard, i cui limiti sono ben noti e se ne tiene conto.
Finché non arriverà un vaccino efficace e sicuro, nessun metodo potrà risultare esaustivo, senza un atteggiamento responsabile e condiviso da tutti, come spiega a Open il medico Diego Pavesio, dell’associazione Patto trasversale per la scienza.
«La prima chiara lezione che questa vicenda deve insegnarci è che le regole vanno seguite – spiega Pavesio – questo vale per tutti, soprattutto per i medici. I pazienti che manifestano i primi sintomi e che hanno avuto contatti a rischio o rientrano da zone a rischio non si devono rivolgere a una struttura privata ma devono, come tutti i normali cittadini, accedere al SSN per essere valutati e monitorati secondo normativa».
«Noi medici di famiglia siamo il primo filtro ed è a noi che il cittadino si deve rivolgere. I laboratori privati possono eseguire tamponi per situazioni particolari e motivate: ingresso in strutture assistenziali, viaggi di studi in strutture che lo richiedono; ossia per l’accesso a prestazioni e/o servizi precluse in assenza del certificato di negatività al Sars-Cov-2».
«Il secondo punto da evidenziare e stigmatizzare è che nessuno, specialmente un medico, può dichiarare in maniera definitiva che una determinata indagine diagnostica è “assolutamente inaffidabile” basandosi su uno o due casi. Nello specifico i test rapidi per la ricerca di antigeni virali (e non basati sulla biologia molecolare per la ricerca di RNA virale), sono una via alternativa e bisogna valutare nel singolo caso se sia opportuno farli. In linea di massima hanno una buona specificità, mentre sembrano un po’ meno validi sulla sensibilità».
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