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Scuola, la solitudine degli studenti con disabilità: «Mai più lezioni via computer, serve la didattica a domicilio»

Su quali saranno le condizioni di rientro di bambini e ragazzi con disabilità non si sa ancora nulla. Il presidente della First ha spiegato a Open quali sono i punti più critici

È un groviglio senza fine quello in cui è incastrata la scuola italiana. La scadenza di settembre per la riapertura ha portato a galla una serie di problemi atavici che, realisticamente, sarà impossibile sciogliere nel giro di due settimane. Tra chi brancola nel buio ci sono gli studenti con disabilità, già fortemente penalizzati durante la didattica a distanza, che da sempre combattono con svantaggi didattici e che ora vedono nel Coronavirus una minaccia ancora più grande.

Gli studenti coinvolti sono circa 270 mila. Ma avere la somma serve a poco: la disabilità non è un grande calderone da trattare in maniera sommaria. Serve un dato scomposto, legato al tipo di disabilità e al grado. In merito è partito da un paio di anni (solo, verrebbe da dire) un monitoraggio scuola per scuola che restituisca una fotografia precisa, sulla quale fare delle valutazioni organizzative a 360 gradi. Ma ci vorrà ancora del tempo. Tempo che ora non c’è più.

«Sono situazioni critiche da sempre, e con il Covid-19 siamo passati dalla padella alla brace», spiega al telefono l’avvocato Maurizio Benincasa, presidente della First, la Federazione che tutela i diritti delle persone con disabilità. Lunedì 31 agosto è stato convocato l’Osservatorio di inclusione scolastica con il Miur, anche se qui verrà discussa solo qualche linea provvisoria. In questa occasione le varie associazioni contano di convocarne un altro d’urgenza per non rimanere escluse dalla corsa a settembre.

Regola numero uno: non tornare alla Dad

La didattica a distanza, nonostante le dichiarazioni della ministra Lucia Azzolina, è stata un disastro. Percentuali inaccettabili di famiglie sono rimaste in stand-by per mancanza di mezzi, connessione e personale docente in grado di utilizzare i metodi tecnologici. La situazione è andata ancora peggio per gli studenti con disabilità: quel che accadeva, spiega Benincasa, era semplicemente un collegamento con i docenti di sostegno senza l’ausilio degli altri insegnanti e degli assistenti specialisti per la comunicazione. Niente filtro Lis (Lingua italiana dei segni) per gli studenti sordi, niente aiuto braille per gli studenti ciechi.

Ma l’aumento dei contagi preoccupa e le dichiarazioni del Comitato tecnico scientifico sulle probabilità di contagio in classe pure. «Cosa succede se un’intera classe va in quarantena?», si chiede il presidente. «Vogliamo che sia possibile almeno la didattica a domicilio, molto diversa dalla Dad, e che è prevista dalla legge». Ma anche su questo gravano altri problemi: la carenza di specialisti formati che seguono i bambini e i ragazzi è ormai una costante, tanto che – nonostante la corte costituzionale l’abbia vietato – circa 45mila docenti non specializzati assistono gli studenti disabili. Con enormi ripercussioni sul loro sistema d’apprendimento.

Le incertezze su tamponi e mascherine

Punto numero due: assicurare agli assistenti all’autonomia e agli educatori che lavorano a stretto contatto con i bambini e i ragazzi le mascherine e i tamponi ciclici. A differenza dei docenti, questo tipo di specialisti – fondamentali per la mediazione didattica, perché conoscono i linguaggi adatti per ogni diversa disabilità – non dipende dal Miur. Dipende dagli enti locali, che devono mobilitarsi urgentemente per garantire i dpi necessari e un monitoraggio periodico sulle loro condizioni di salute.

Ma i territori sono alla canna del gas. «Sono al collasso economicamente e non rispondono quasi mai velocemente alle necessità», spiega Benincasa. Da tempo First lavora affinché il ministero internalizzi queste figure – circa 55mila precari che si muovono nel triangolo con le cooperative e gli appalti locali. «Non servirebbe nemmeno stanziare altri fondi, perché basterebbe trasferire quelli che già esistono. Altro che 80mila docenti. Servono assistenti specializzati per questi alunni».

Rischio isolamento

E in ultimo, ma non meno importante, la questione di sempre: lo spettro dell’isolamento. «È un problema che conosciamo da vicino da sempre – sottolinea Benincasa – ma che ora con il Covid-19 rischia di peggiorare ulteriormente». E per evitare il problema della trasmissione del virus – che potrebbe avere ricadute pericolose per gli studenti con disabilità – causato da una cattiva organizzazione, si rischia di tenerli ai margini.

E anche in caso di quarantena della classe il problema si ripresenterebbe, non essendo loro inclusi nella ormai “classica” lezione su Zoom. Anche in quel caso, i pochi insegnanti di sostegno potranno dare una mano, ma non saranno in grado di risolvere tutto. «Questi docenti hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo – dice Benincasa – ma c’è bisogno di molto di più da parte delle istituzioni se vogliamo garantire il loro diritto all’istruzione».

Foto copertina: UNSPALSH | Taylor Wilcox

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