Scuola, la rivolta dei docenti “fragili” in allarme per il rientro: «Rischiamo la vita. Non ci sentiamo tutelati»

I rischi della riapertura travolgono anche i lavoratori con patologie gravi o croniche. E il sindacato denuncia l’assenza di linee guida ministeriali

Silvia ha 44 anni. Di mestiere fa la professoressa di storia e filosofia in un liceo linguistico di Latina, nel Lazio. In teoria, come fascia di età, non dovrebbe essere tra quel 40% di insegnanti over 55 che rischia di più dall’esposizione al Coronavirus. Ma qualche anno fa, mentre lavorava da precaria, Silvia si è ammalata. Racconta che probabilmente un virus che circolava nell’istituto le ha provocato il lupus eritematoso sistemico: una malattia autoimmune cronica che richiede un’attenzione estrema allo stile di vita. «Mi sono presa questa malattia a scuola e ora la scuola è di nuovo una minaccia per la mia salute», dice al telefono.


I lavoratori cosiddetti fragili – che hanno patologie gravi o croniche – temono il rientro più di ogni altro. Per il momento, infatti, non esiste un sistema organizzativo sanitario o professionale che li tuteli a sufficienza in vista della riapertura. Con altri colleghi e colleghe nella stessa condizione di vulnerabilità ha creato un gruppo Facebook, “Lavoratori fragili della scuola”. Hanno mandato lettere al Ministero dell’Istruzione, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ai sindacati.


«Sono invalida al 67%», spiega Silvia. «E insegno nelle classi dell’ultimo triennio. Quelle dove ci sono i ragazzi che sono andati in vacanza, o che escono più spesso». Durante l’esame di maturità, grazie a un’ordinanza diffusa allora, le è stato permesso di lavorare a distanza. Nel Dl agosto, però, non si affronta l’argomento. Silvia ora è nel limbo: «Non so cosa succederà. Decine di insegnanti in salute stanno valutando di non presentarsi: noi cosa dovremmo fare?».

Falle e rischi

Stando ad alcune fonti, il Comitato tecnico scientifico dovrebbe riunirsi lunedì sul tema. Intanto, la risposta che arriva, quando arriva, è sempre la stessa: ci sarà il medico competente degli istituti (cioè la figura che, in tempo di Covid-19, affiancherà la scuola nelle decisioni) che valuterà la situazione di volta in volta. «Si fa facile a dire sorveglianza eccezionale», dice Silvia.

«A un mio collega, che ha avuto un infarto ed è stato operato alle corde vocali, è stato detto che può tranquillamente andare in classe con la mascherina», insiste. «Stessa cosa per una docente, malata oncologica. E questo nonostante tutte le attestazioni cliniche che dimostrino la loro fragilità».

I presidi, spesso, propongono la messa in malattia. Ma Silvia e gli altri vogliono continuare a lavorare. «Non voglio essere dichiarata inidonea, perché tutti noi abbiamo sempre lavorato con le nostre patologie, con i nostri dolori fisici e cronici. Se mi mettono in malattia vorrà dire che presto non riceverò più uno stipendio».

Francesca Ruocco, segretaria nazionale della Flc Cgil, è d’accordo sul fatto che manchino linee guida Ministeriali. «Il medico competente è una figura importante», sottolinea, «ma non si può lasciare la decisione ai territori di volta in volta. Abbiamo sollecitato il Ministero su questo punto, ma al momento non abbiamo avuto risposta».

Foto in copertina: EPA/RODRIGO JIMENEZ

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