Quando l’amore non basta per tornare insieme: le coppie binazionali separate (ancora) dall’emergenza Coronavirus

Per aiutare le coppie separate dalla pandemia è nato un movimento che chiede all’Europa di applicare flessibilità alle restrizioni sul modello applicato in Danimarca

Durante i 56 giorni di lockdown totale molte famiglie italiane hanno vissuto il dramma della separazione. La pandemia di Coronavirus, che ha letteralmente sconvolto le nostre vite, ci ha anche messo di fronte alla distanza, alla separazione forzata da chi amiamo. Ma quello che per molti italiani è finito con l’allentamento delle restrizioni su tutto il territorio nazionale, continua invece per una particolare categoria di persone: le coppie di diversa nazionalità, dove uno dei due è cittadino extra Ue.


Il movimento “Love is not tourism”

Love is not tourism“, “L’amore non è turismo”è il nome scelto dal movimento che, nelle ultime settimane, sta tentando di sollevare il problema delle coppie forzosamente separate che non possono ricongiungersi viste le restrizioni agli spostamenti internazionali. «Se le coppie italiane hanno dovuto pazientare pochi mesi per riabbracciarsi e quelle residenti nell’area Schengen hanno potuto solo di recente festeggiare il ricongiungimento, per gli italiani che hanno intrapreso una relazione con un/una cittadino/a di paesi al di fuori quest’area non si intravede ancora la luce alla fine del tunnel.


È per dare voce a queste coppie, anche loro “affetti stabili”, seppure non coniugati, che nasce il movimento #LoveIsNotTourism per l’Italia», si spiega sul sito del movimento. «Attualmente – si legge – le eccezioni di viaggio sono state definite soltanto per i familiari registrati o per i viaggi “essenziali”. Noi crediamo che visitare le persone che amiamo, le nostre famiglie, sia essenziale».

Lo scorso 30 luglio Bruxelles ha indicato 12 Paesi extra Ue i cui residenti possono recarsi nell’Unione europea per viaggi non essenziali: Australia, Canada, Georgia, Giappone, Marocco, Nuova Zelanda, Ruanda, Corea del Sud, Thailandia, Tunisia, Uruguay e Cina (se vi è reciprocità).

Il movimento chiede dunque che l’Europa segua il modello danese, che prevede una certa flessibilità, sottolineando le condizioni: test Covid-19 negativo non precedente a 72 ore dalla partenza; 14 giorni di quarantena; prove dell’esistenza di una relazione (chat, foto, video, biglietti aerei, email, altro); dichiarazione di relazione. La flessibilità è richiesta per le seguenti categorie: partner, futuri sposi, genitori acquisiti (senza vincolo di iscrizione anagrafica o residenza).

La storia di Riccardo e Lena

Tra le tante coppie che vivono nell’incertezza, Riccardo, 29 anni, e Lena, 24 anni. Lui, siciliano, è laureato in economia aziendale e gestisce un e-commerce per illuminazione e arredamento. Lei invece, cittadina della Costa Rica, è laureata in economia. «Io e la mia ragazza ci siamo conosciuti a maggio dello scorso anno in Sicilia, dove vivo, durante una sua vacanza studio – racconta Riccardo al telefono -. Erano gli ultimi dieci giorni della sua permanenza. Sono stati giorni intensi e ci siamo innamorati».

«Già all’inizio sapevamo che la nostra relazione sarebbe stata difficile – prosegue Riccardo -, ma ci siamo sempre incontrati in giro per l’Europa. Prima in Croazia, poi lei è venuta ancora in Italia. Quando Lena è tornata in Costa Rica, nonostante il fuso orario e le difficoltà economiche per organizzare un nuovo incontro, abbiamo continuato a sentirci giorno dopo giorno. Ma nell’ottobre dell’anno scorso il caso ha voluto che la sua famiglia organizzasse un viaggio in Europa. Ci siamo incontrati di nuovo quindi. Io ho conosciuto i suoi genitori e la relazione prometteva bene».

Prometteva talmente bene, confida Riccardo, che per la prima volta in vita sua prende un aereo intercontinentale e vola a San Josè per tre settimane, tra dicembre e gennaio 2020. «Tutto fila liscio – racconta -, la Costa Rica ha il suo fascino e si dimostra un paese accogliente, l’amore per la mia Lena cresce sempre di più. Finché arriviamo alla prova più importante: il suo viaggio in Italia con visto turistico per convivere tre mesi e poi decidere, più avanti, di fare il grande passo». Ma a guastare i progetti di Riccardo e Lena arriva il Coronavirus: il volo di Lena viene cancellato e una serie di divieti ai viaggi internazionali isolano l’America e l’Europa.

I mesi passano ma nulla cambia. «Paradossalmente – spiega Riccardo – la Costa Rica ha ben due collegamenti diretti con l’Europa dal 1° Agosto, Madrid e Francoforte, ma l’Italia non autorizza il suo ingresso per turismo. Passiamo le giornate sempre in contatto, tramite messaggi e videochiamate. Adesso lei sta anche studiando l’italiano per integrarsi qui». Riccardo conclude la sua storia con un commento amaro: «Non vogliamo rinunciare a questo sogno, progettiamo una vita insieme, ma il governo italiano non permette a noi e alle centinaia di coppie come noi di uscire da questa gabbia, di cominciare a vivere i nostri progetti».

La storia di Francesco e Aleksandra

Altre coppie divise dal Covid raccontano di vite e Paesi diversi, ma le storie sono molto simili, accomunate dalle stesse difficoltà. Come quelle che stanno vivendo Francesco e Aleksandra. 31 anni lui, romano, un impiego come commesso in farmacia; 32 anni lei, di nazionalità russa, vive a San Pietroburgo e ha una laurea in economia. «Ci siamo conosciuti qui in Italia in un pub tre anni fa», racconta Francesco. «Da lì siamo rimasti in contatto per nove mesi, poi lei è tornata a Roma e non ci siamo più separati sentimentalmente. Regolarmente, ogni due mesi, io o lei andiamo nei rispettivi Paesi per incontrarci».

«La nostra relazione dura da 2 anni e tre mesi. Io sono andato sei volte in Russia», dice Francesco, a testimonianza della solidità del loro rapporto, «lei invece è stata sette volte in Italia». «Sono passati ormai più di cinque mesi -prosegue – da quando l’11 marzo scorso, con l’avvio del lockdown in Italia, sono precipitosamente rientrato dalla Russia, dopo mille peripezie tra voli annullati e problemi con i visti. Da allora non vedo più la mia ragazza e non ho la minima idea di quando potrò abbracciarla di nuovo».

A questo punto, si domanda Francesco, «quando ci rivedremo? Forse a maggio prossimo grazie al vaccino, se tutto va bene. Non abbiamo al momento un futuro, un orizzonte temporale davanti. Perché se qualcuno mi dicesse: “potrai vederla a Natale”, io starei tranquillo. Ma non abbiamo nessuna certezza». «Altri Paesi – sottolinea- come la Danimarca, stanno riaprendo per questi casi a determinate condizioni, ma in Italia non se ne parla». «Ci sono storie di persone che sono diventate genitori da una parte all’altra del mondo», osserva.

L’Italia al momento sembra ignorare totalmente la questione. È notizia di questi giorni che i controlli diventeranno più serrati anche all’interno di Schengen. Di riapertura delle frontiere ai paesi extra Ue per chi ha un pezzo di vita in altre parti del mondo, a condizione di rispettare regole stringenti, al momento non si parla.

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