Regionali 2020, il voto dei giovani in Campania. Innovazione e miseria di una regione da cui si fugge per tornare (quasi sempre)

Ogni anno, circa 5mila laureati abbandonano la Campania per trasferirsi in Nord Italia. Il tasso di disoccupazione giovanile supera il 50%. Ma la vivacità culturale e di sguardo rendono la regione un territorio che difficilmente si abbandono in maniera definitiva

Vedi Napoli e puoi muori. Quando Goethe, nel 18° secolo, visitò il capoluogo campano e ne parlò come destinazione finale di un percorso di vita, non immaginava che, in un futuro, da quella terra potesse partire un flusso di persone in cerca di opportunità migliori, lontane da casa. L’indagine fatta dall’Istat sull’emigrazione giovanile regionale, dal 2008 al 2017, è la fotografia di una terra che si priva dei suoi talenti migliori.


La Campania, nei dieci anni analizzati, ha visto partire quasi 50mila ragazzi e ragazze con un alto livello d’istruzione verso altre regioni italiane. A questi, si aggiungono altrettanti giovani nella fascia di età 20-34 andati via con un’istruzione medio-bassa e 10mila, invece, che si sono trasferiti all’estero. Il governatore uscente, Vincenzo De Luca, è il candidato favorito per la vittoria delle elezioni del 20 e il 21 settembre. Dietro di lui, per il centrodestra, c’è Stefano Caldoro: chiunque sarà il prossimo presidente della Regione, dovrà fare di più per convincere i giovani a non lasciarsi il Vesuvio alle spalle.


Solo la Sicilia, nel 2018, ha fatto peggio in termini di emigrazione di laureati con più di 25 anni: 5.608 ragazzi fuggiti altrove, prevalentemente in Nord Italia. La Campania ne ha visti partire 5.207 e la Puglia, terza in questa triste classifica, 3.898. Qualche iniziativa per invertire la rotta, a onor del vero, è stata fatta in Campania: il campus universitario di San Giovanni a Teduccio, dove la Apple ha aperto la sua prima academy in Europa e, a ruota, sono arrivate multinazionali di primissimo livello, attira giovani menti da tutto il mondo. A ottobre potrebbe ottenere l’ambito Regiostars 2020, premio della Commissione europea per i migliori progetti cofinanziati dall’Ue.

Con un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 50%, è evidente che la Campania deve fare molto di più per creare un’ecosistema favorevole alla permanenza in regione di millennial e generazione Z. Altrimenti, la fuga di cervelli non si arresterà. «La Campania, potenzialmente, è una regione che ha tantissima energia da liberare, sia in termini di risorse economiche che umane», afferma Salvatore Salzano. È il fondatore del “Movimento ideelibere“, associazione che si occupa dello sviluppo del territorio attraverso la cultura e iniziative di sensibilizzazione sociale. «Bisogna procedere con uno sviluppo integrato tra associazioni, istituzioni formative, imprese e amministrazioni, ma la rinascita campana è possibile».

Per il 27enne, laureando in Giurisprudenza all’Università Federico II di Napoli, la riqualificazione di San Giovanni a Teduccio è un esempio di best practice da ripetere nelle periferie della regione, «anche se San Giovanni è rimasto un quartiere difficile. Il polo universitario è un’ottima base di partenza, ma bisogna creare più servizi intorno al campus, incrementare le infrastrutture e ampliare la rete di collegamenti, coinvolgendo tutti i cittadini e non solo gli studenti che frequentano il polo». La sua associazione ha avviato un Osservatorio sulle periferie, che sottolinea il potenziale di rigenerazione urbana e sociale. «Il rione popolare Sanità, con la riqualificazione delle Catacombe, ha dato un esempio di sviluppo integrato, con un indotto importante per tutta l’area».

Salvatore Salzano, 27 anni, Afragola

Difficoltà con la burocrazia e questione ambientale

Il ragazzo, originario di Afragola, individua nelle periferie e nella mancanza di opportunità uno dei principali problemi della Campania. «Sono zone in cui lo Stato ha perso. Spesso ci si interessa di questi quartieri soltanto a ridosso delle elezioni. Invece, le periferie hanno un’identità notevole, ciascuna con le sue peculiarità urbanistiche e sociali: occorrerebbe investire sulla rete di giovani che vi risiedono, portando lavoro e cultura. Solo così si riconquista quello spazio dove si è insinuata la sottocultura criminale». Con la sua associazione, Salvatore porta avanti anche un lavoro di lobby con le istituzioni locali, «ma uno dei problemi principali è proprio l’interfacciarsi con la burocrazia. Per avere i permessi di estendere l’orario di apertura di una biblioteca in periferia abbiamo dovuto aspettare sette mesi».

Poi c’è la tematica ambientale, con i roghi tossici e gli sversamenti illeciti che avvelenano la Campania: «Degradando un territorio, si cancella la possibilità di investire e fare impresa in quell’area. Anche questa è una delle cause per cui i giovani vanno via: chi vorrebbe vivere in un ambiente malsano?». Con Ideelibere denuncia da anni il problema degli sversamenti illeciti nella zona del litorale Domizio, scontrandosi con l’immobilismo della classe dirigente. Nonostante ciò, «non ho mai pensato di andare via: tutti questi motivi per fuggire dalla Campania devono diventare ragioni per restare. Il mio senso di responsabilità mi invita a cambiare ciò che non va, non ad abbandonare ciò che amo».

Restare, nonostante tutto

«La questione ambientale è un tema scottante qui in Campania: durante il lockdown, abbiamo visto il mare del litorale Domizio pulirsi. Con la riapertura, l’acqua ha perso subito la sua limpidezza naturale. Serve più controllo sul territorio». A parlare è Paolo Scialdone, 18enne di Vitulazio. Lui, invece, ha deciso che andrà a studiare fuori regione, «per conoscere altre realtà, nuovi modi di pensare. Ma con una certezza: dopo gli studi in Scienze politiche, voglio tornare per arricchire il mio territorio che offre più possibilità di quanto sembri». Paolo racconta che molti dei suoi amici la pensano come lui: vedono il proprio futuro, dopo gli studi, nella terra di origine.

Tuttavia, non nasconde che, per la disaffezione percepita da alcuni verso la Campania, ci sia una responsabilità dell’amministrazione pubblica: «La burocrazia rallenta l’innovazione. So che qui non è facile avviare start up, magari nel settore turistico, per sfruttare le opportunità che offrono i territori dimenticati del parco del Matese e del litorale Domizio ad esempio. Il contesto politico e sociale spesso frena queste iniziative, invece di incentivarle», conclude Paolo. Le contraddizioni tra opportunità e burocrazia, tra bellezza e degrado, le ravvisano un po’ tutti. Neji Nefati, 24enne di Casamicciola Terme, comune dell’isola d’Ischia, è convinto però che i benefici siano superiori agli svantaggi.

Neji Nefati, 24 anni, Casamicciola Terme

Il pregio delle interazioni sociali

«Napoli è una città, purtroppo, ancora molto disorganizzata. Ci sono contraddizioni forti tra passato e futuro, dove cattiva società si scontra con l’innovazione: le biciclette in sharing, i monopattini elettrici, sono stati rubati in poche ore dalla loro introduzione in città – afferma lo studente di Ingegneria aerospaziale alla Federico II -. La cultura non sempre guarda al bene comune, privilegiando il vantaggio personale. C’è tanta microcriminalità, dal borseggiatore al parcheggiatore abusivo. Forse Caserta è assimilabile a Napoli per fenomeni di questo tipo, Avellino, Benevento e Salerno sono più tranquille». Neji sostiene che la Campania, nel settore aerospaziale, sia «la prima regione di Italia per numero di dipendenti e la seconda per fatturato dopo la Lombardia. Il settore è appetibile qui, per questo sono rimasto».

Da studente universitario, il 24enne ha ricevuto molte agevolazioni dalla regione per gli abbonamenti ai mezzi pubblici, la mensa universitaria e le rette. Ma c’è una cosa che, più di tutte, lo affascina di Napoli e della regione intera: «L’aria che si respira a livello culturale è strepitosa: ho viaggiato molto, per lavoro e per passione, ma non ho trovato in nessun luogo la cultura sociale napoletana. Una cultura di inclusione, di solidarietà, che caratterizza anche il contesto giovanile. Quel senso di appartenenza al genere umano che si respira a Napoli è difficile trovarlo altrove – conclude -. In un polo tecnologico di ultimissima generazione, è difficile trovare delle interazioni sociali così forti e vere».

FOTO: Bertrand Gabioud su Unsplash

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