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Zangrillo: «Ora il virus è tornato a mordere, ma non serve la paura. I giovani proteggano genitori e nonni»

20 Ottobre 2020 - 09:04 Giovanni Ruggiero
Lo scenario di oggi non è più lo stesso dello scorso maggio, quando «il virus era in ritirata» dice il primario del San Raffaele di Milano

Che la situazione della pandemia di Coronavirus sia cambiata, ora lo ammette anche Alberto Zangrillo. Di quella domenica di maggio, quando aveva detto che il «virus è clinicamente morto» e i numeri di contagi e ricoveri erano indubbiamente più bassi rispetto a oggi, il primario di anestesia e rianimazione del San Raffaele di Milano rivendica al Corriere della Sera però il senso di quel messaggio: «io ho sempre sostenuto, anche se ciò non ha mai fatto clamore, che con il Covid dobbiamo imparare a convivere. Evidentemente non l’abbiamo fatto abbastanza».

Oggi però il virus è tornato a preoccupare più di prima, frutto secondo Zangrillo dei: «comportamenti negligenti. Ma solo di pochi». A maggio ribadisce che il virus: «era in ritirata, oggi è tornato a mordere», ma non per questo è disposto a cambiare idea sul fatto che dire la verità non deve essere: «spaventare i cittadini affinché reagiscano come voglio io».

La frecciatina ai colleghi con cui non si trova spesso d’accordo è inevitabile, con qualche apertura per esempio con il prof. Massimo Galli del Sacco di Milano che nei giorni scorsi ha parlato della necessità di rinunciare al superfluo, per evitare il peggio: «Va bene – dice Zangrillo – le possiamo chiamare rinunce. Servono a salvaguardare tutto ciò che deve rimanere attivo. Scuola e attività produttive soprattutto».

Il fronte più delicato è ancora una volta quello «dei più fragili», gli anziani oltre che i diabetici e i cardiopatici. E anche in questo caso Zangrillo si ritrova d’accordo con buona parte degli esperti, che rimettono buona parte delle loro speranze sui giovani perché proteggano genitori e nonni con i propri comportamenti: «Spero che in loro scatti un meccanismo di protezione nei confronti di genitori e nonni. Dobbiamo proteggere loro».

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