Coronavirus, i numeri in chiaro. Pregliasco: «Decessi in aumento per altre 3 settimane. I vaccini? “L’annuncite” porterà all’obbligo per tutti»

di Giada Giorgi

Il direttore sanitario dell’istituto Galeazzi di Milano conferma il trend in calo dei nuovi positivi: «Siamo usciti dalla seconda ondata ma la lotta al Covid è una lunga maratona»

Le sirene delle ambulanze cominciano a suonare meno in una delle regioni simbolo dell’epidemia fin dalla prima ondata. In Lombardia, il professor Fabrizio Pregliasco, virologo in prima linea nella lotta al virus, si occupa anche dell’Anpas, l’Associazione nazionale pubbliche assistenze, che attraverso l’intervento di ambulanze si è in questi mesi impegnata a soccorrere i pazienti in difficoltà. È nella consueta analisi giornaliera dei dati Covid, che il professore fornisce a Open un aspetto sensibile che andrebbe così a confermare il dato generale di un trend in calo, con +18.887 nuovi positivi registrati dal bollettino delle ultime 24 ore. «La diminuzione delle chiamate d’emergenza che arrivano ai centralini dell’Anpas sono un segnale della tendenza in ribasso. Un aspetto incoraggiante soprattutto se pensiamo alla conseguente riduzione di pressione sui pronto soccorso. Con il numero di nuovi positivi di oggi siamo simbolicamente sotto i 20 mila casi e questo non è male».


Il numero dei decessi oggi è sceso, 594 contro i 662 di ieri. Possiamo sperare in un calo anche del dato attualmente più preoccupante?


«Il calo è piuttosto irrisorio se pensiamo all’entità del numero delle vittime che attualmente rimane alto in modo doloroso. Queste sono le conseguenze dell’espansione epidemica della fine di ottobre. Giorni addietro con Open avevo riflettuto su una previsione di aumento che sarebbe proseguita non oltre una settimana, ma ad oggi devo ricredermi. La situazione attuale andrà ancora oltre».

Quanto dovremo aspettare per un miglioramento?

«Come minimo tre settimane per vedere un calo oggettivo. Mai accettabile ma meno drammatico».

«Meno drammatico» tradotto in cifre?

«Almeno la metà dei morti registrati in questi giorni».

Al momento, i contagi calano ma i morti non diminuiscono. E il pericolo di una “strage” a gennaio comincia ad essere la nuova minaccia. Siamo usciti dalla seconda ondata o ancora non possiamo parlarne?

«Sì, siamo usciti dalla seconda ondata, ma con un picco che in realtà non c’è mai stato sul serio. Siamo riusciti a spuntare la curva montagnosa e arrivare ad un plateau. La punta è stata spezzata prima, ma la velocità di diffusione non si è mai azzerata. Al di là delle mutazioni genetiche che il virus ha avuto e ha, attualmente è ancora aggressivo come il primo giorno. E la forza che dobbiamo riconoscergli sta soprattutto nei pochi sintomi che riesce a provocare in molti infettati, per cui rimane difficile combatterlo. Ai tempi di SARS-Cov-1 i contagiosi erano solo i sintomatici, individuandoli si faceva gran parte del lavoro di contrasto. Covid-19 purtroppo è meno decifrabile, e ora l’obiettivo dovrà essere quello di tornare tra i 10 mila e 5 mila casi al giorno per recuperare un tracciamento che di fatto abbiamo perso».

Ci aspetta il Natale ma anche l’imminente stagione dell’influenza. Alla luce dei dati attuali, cosa stiamo rischiando?

«Rischiamo di perdere la lotta ancora una volta. Nella prima ondata c’era l’idea di uno sprint da dover fare in termini di sacrifici per poter uscire dall’incubo. Ora siamo consapevoli che questa più che una corsa veloce è una maratona e che non basta uno scatto per arrivare a vincere la gara. Fino a che non c’è il vaccino, il virus continua la sua opera di diffusione. Certo è che in questa maratona faticosa momenti per prendere respiro sono necessari».

È per questo che si è dichiarato d’accordo con gli spostamenti tra comuni e Regioni durante i giorni di Natale, vietati invece dall’ultimo Dpcm del governo?

«Direi di sì. Il respiro in questo momento è da concedere soprattutto pensando a tutte quelle persone che aspettano le festività come un momento per spezzare la loro condizione sociale o di isolamento. Mi rendo anche conto che il problema sono i soliti furbetti. Sto vedendo in alcuni alberghi di Roma prenotazioni di camere, da parte di romani, che per garantirsi la cena al ristorante dell’hotel fingono di aver bisogno di un alloggio e quindi di essere clienti dell’albergo. Sono comportamenti irresponsabili che non riusciamo ancora a debellare».

A proposito di responsabilità, il coordinatore del Cts Agostino Miozzo in merito al piano vaccinale, oggi si è mostrato piuttosto scettico sul fatto che non ci sarà bisogno di un obbligo per garantirsi la copertura necessaria all’immunità di gregge? Sarà una strada inevitabile?

«Mi auguro di no ma credo che la verità sia questa. L’approccio iniziale al tema ha lasciato molto a desiderare, è dilagata una cosiddetta “annuncite” da parte delle aziende produttrici, su percentuali di efficacia e sicurezza che hanno provocato dubbi anche in chi non li aveva. Per una copertura del 60/70% l’obbligatorietà rimane ad oggi il sistema più veloce».

Leggi anche: