Truffa al Parlamento Ue, sequestro da mezzo milione per l’ex europarlamentare Lara Comi

Nel 2019 era finita ai domiciliari per corruzione, emissione di false fatture e truffa nei confronti dell’Unione europea: inchiesta per la quale la Procura milanese ha già chiesto il rinvio a giudizio

Oltre mezzo milione di euro è stato sequestrato questa mattina, 17 dicembre, dal nucleo di Polizia economico finanziaria della Gdf di Milano ai danni dell’ex eurodeputata di Forza Italia Lara Comi e altri 5 indagati per nuove ipotesi di truffa ai danni dell’Unione europea nell’inchiesta dei pm Bonardi, Furno e Scudieri. L’ex europarlamentare era già finita ai domiciliari nel 2019 – e poi rilasciata – per corruzione, emissione di false fatture e truffa nei confronti dell’Ue, per le quali la Procura milanese ha già chiesto il rinvio a giudizio.


Le motivazioni della Gdf

Nella nota diffusa dalla guardia di finanza si legge di un sequestro «preventivo finalizzato alla confisca anche per equivalente», emesso dalla giudice per le indagini preliminari Raffaella Mascarino, nei confronti di Comi e di «altri cinque soggetti, indagati, a vario titolo ed in concorso, per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche a danno del Bilancio dell’Unione Europea». Il profitto illecito, «oggetto del provvedimento», ammonta «a oltre 500mila euro».


Il procuratore di Milano, Francesco Greco, precisa che l’attività della Gdf è un «ulteriore sviluppo» delle indagini nell’ambito del procedimento denominato Mensa dei poveri. Grazie anche «all’interscambio info-investigativo con i funzionari dell’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode-Olaf», la Guardia di Finanza ha «completato gli accertamenti, anche di natura finanziaria, sulla gestione illecita delle risorse pubbliche assegnate al Parlamento Europeo alla Comi», ricostruendo «le condotte criminose poste in essere dagli indagati e quantificando puntualmente gli importi illecitamente percepiti».

Le parole dell’assistente personale

«Non mi sono posto il problema della differenza tra il percepito e quanto indicato nel contratto in quanto era la mia prima attività lavorativa, ero già molto contento di ricevere uno stipendio». A parlare agli inquirenti è Enrico Giovanni Saia, uno degli assistenti personali dell’ex eurodeputata, nominati, secondo l’accusa, solo per intascare grossa parte dei compensi dell’Ue relativi a quei contratti.

«Preciso che sul contratto era indicato uno stipendio netto maggiore – ha messo a verbale Saia – ma come ho detto non mi sono posto il problema del perché ricevevo meno denaro». E ancora: «Successivamente all’elezione, verso il mese di giugno-luglio del 2014, ricordo di essermi incontrato con l’onorevole Comi, la quale mi propose di diventare suo assistente locale remunerato. Trattandosi di una proposta allettante, ho, quindi, accettato».

Comi era già indagata per truffa all’Ue per aver chiesto al giornalista varesino Andrea Aliverti, nominato suo addetto stampa a Strasburgo, di consegnare, «previo accordo», «una quota del compenso» da 1.500 euro al mese, all’avvocato Carmine Gorrasi e al presunto ‘burattinaio’ Nino Caianiello, ex responsabile FI a Varese, «inducendo così in errore gli organi del Parlamento Europeo, e procurando per sé e altri un ingiusto vantaggio», secondo l’accusa.

In copertina ANSA | Lara Comi

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