Danni collaterali – Dilaga la povertà energetica: «Sempre più persone non riescono a pagare le bollette»

Tra le varie conseguenze del Covid, la perdita dell’occupazione si traduce, spesso, nella difficoltà di riscaldare la casa, lavarsi con l’acqua calda, collegarsi a internet: è il fenomeno della povertà energetica e, se ignorato, può causare problemi di salute fisica e mentale

La crisi economica generata dalla pandemia si riverbera su più facce della stessa medaglia: la povertà, sia essa occupazionale, culturale, relazionale è in espansione in tutto il territorio nazionale. Una di queste facce è meno evidente di altre, perché si palesa all’interno delle mura domestiche ed è difficile da intercettare da parte degli operatori del terzo settore. Si tratta della povertà energetica. Sempre più individui fanno fatica a pagare le bollette di luce e gas, con il risultato che di inverno si rinuncia al riscaldamento dell’abitazione, che l’elettricità per la connessione a internet costa troppo e ci si disconnette dal mondo (o dalle lezioni scolastiche da remoto), che, in qualche caso, si sostituiscono le luci a lampadina con la fiamma delle candele. Accade anche nel terzo millennio, accade soprattutto negli anni ’20 del terzo millennio a causa del Coronavirus.


Un altro aspetto da non sottovalutare, che ha inciso sul costo delle utenze rendendole, per alcuni, insostenibile, è l’effetto del lockdown. È inevitabile, restando chiusi nelle abitazioni, che le bollette per l’energia siano lievitate di prezzo. Non si tratta certamente di un fenomeno nuovo: nell’Unione europea, secondo il report ufficiale della Commissione e i dati raccolti dall’Energy Poverty Observatory, sono circa 50 milioni i cittadini affetti da povertà energetica, ovvero il 10% della popolazione del continente. Nella vita quotidiana, rientrare in questa categoria di persone vuol dire essere posti davanti a una scelta: spendere soldi per mangiare o per farsi una doccia calda? Un dilemma che pone davanti a tutte le conseguenze sulla salute fisica e mentale che comporta vivere in ambienti freddi, bui, senza le basilari misure igieniche.


I dati in Italia

Anche l’Italia ha il suo Osservatorio sulla povertà energetica, l’Oipe. Dal recente rapporto, pubblicato il 10 dicembre 2020, emerge come il 14,1% della popolazione italiana non riesca a scaldare adeguatamente la casa, al sestultimo posto in Europa. Nel 2018, la quota di famiglie in povertà energetica del Paese ha toccato il suo picco massimo degli ultimi 20 anni, raggiungendo l’8,8% del totale. Dato per nulla rassicurante in vista del disagio economico che susseguirà alla crisi del Coronavirus. Dalle stime dell’Oipe, inoltre, si rileva come le difficoltà nel pagamento delle utenze abbiano una maggiore incidenza al Sud e pesino di più sulle persone di età inferiore ai 35 anni, «ma è una criticità che si sta espandendo anche al Nord, nelle province dove, apparentemente, il benessere è più diffuso».

A parlare è Anna Attolico, 48enne che da anni opera per contrastare la povertà energetica nella provincia di Brescia. Coordina il progetto Energie Potenziali per Comunità Solidali promosso e finanziato dalla Fondazione Cariplo e da A2A attraverso il Comitato Banco dell’Energia: «La nostra area di intervento è nella Bassa Bresciana. Abbiamo individuato delle famiglie vulnerabili in 20 comuni e portiamo avanti un lavoro su varie tipologie di povertà, tra cui quella energetica». L’iniziativa, nata a Ghedi, si è allargata fino ad abbracciare 90 famiglie della zona. Poi è arrivato il Coronavirus, «e le richieste di sostegno sono quasi raddoppiate – afferma Attolico -. Adesso sono 160 le famiglie che sosteniamo anche nel pagamento delle utenze».

Anna Attolico, 48 anni, pedagogista e coordinatrice del progetto “Energie Potenziali”

Tra le difficoltà maggiori del suo lavoro, c’è quella di intercettare i reali bisogni degli individui: non tutti si rivolgono alle reti di assistenza «e rischiano, se non aiutati, di sprofondare sempre di più». Le bollette non pagate, spiega, sono uno dei primi segnali di una condizione di difficoltà «che potrebbe degenerare nella perdita della casa e in malattie fisiche e mentali». Per intervenire con tempestività e intercettare i bisogni diversificati dei nuclei famigliari, la rete di associazioni che collaborano a “Energie Potenziali” hanno sviluppato una scheda di valutazione del bisogno dal rigore quasi matematico. «Ma è utile, prima di parlare di terzo settore e lotta alla povertà, fare una disamina delle diverse condizioni di necessità».

«Le famiglie povere – spiega Attolico – sono quelle che hanno un bisogno già cronicizzato, che non riescono a ricomporre la propria identità». Quelle seguite dal progetto nella Bassa Bresciana, invece, sono famiglie vulnerabili, «ovvero quelle che hanno subito un evento esterno recente e che ne ha minato la stabilità». Attolico, pedagogista di professione, usa la metafora di un vaso per spiegare l’escalation della povertà: «Le persone vulnerabili sono come un vaso che subisce un colpo da un sassolino esterno – e la pandemia è stato un grosso sasso -. Le persone fragili sono quelle che hanno un sassolino interno al vaso e che rischia di romperlo da un momento all’altro. Le persone povere vedono un vaso in frantumi e non hanno i mezzi per reagire e ricomporlo».

“Energie Potenziali”, concretamente, fornisce un aiuto nel pagamento delle bollette, delle spese condominiali, ma anche delle rette scolastiche. Affianca le persone vulnerabili «affinché risolvano le criticità in breve tempo, prima che si cronicizzino». Nello specifico, la povertà energetica si traduce nell’impossibilità di pagare le utenze. Attolico e lo staff del progetto assistono le famiglie che rischiano l’interruzione dell’erogazione del gas o alle quali è stata già staccata la luce. «Di inverno, il riscaldamento è un bene primario dell’uomo – dice -. Ho conosciuto tante persone che, per risparmiare sulla bolletta, illuminano la casa accendendo le candele». Purtroppo, con lo scoppio della pandemia, «sempre più famiglie con minori al carico ci chiedono il pagamento delle morosità, aumentate con la perdita del lavoro da parte di un membro del nucleo».

Il fatto di non essere in grado di garantire il riscaldamento alla propria famiglia ha un impatto molto forte sul lato psicologico, «facendo subentrare altri tipi di problematiche». Attolico ritiene insufficienti i sostegni economici dello Stato, che si basano spesso sull’Isee dell’anno precedente e non tengono conto del terremoto causato dalla pandemia sulla solidità finanziaria delle famiglie. «Alcune misure non fotografano esattamente il bisogno reale. Le donazioni della Fondazione Cariplo ci permettono, invece, di agire con più facilità su particolari situazioni. Faccio un esempio: abbiamo iniziato ad aiutare un insegnante di musica che si è trovato senza lavoro con il primo lockdown: agli occhi dello Stato, la sua posizione economica non era tanto grave da non consentire il pagamento delle bollette. In realtà, prima del nostro intervento quell’uomo era costretto a fare luce accendendo le candele, perché le bollette dell’elettricità erano diventate improvvisamente insostenibili per le sue tasche».

Per le famiglie, poi, rimettersi in attività può diventare ancora più difficile. E’ impossibile, spiega, che le «famiglie con figli, in cui entrambi i genitori hanno perso il lavoro a causa del Covid, si riattivino se non hanno l’elettricità per connettersi a internet. I figli sono tagliati fuori dalla socialità con i coetanei, i genitori non possono cercare nuove opportunità lavorative sulla rete. Quando stai annegando, se non ricevi un sostegno rapido e puntuale sul tuo reale bisogno, vai a fondo in breve tempo». Purtroppo, nella sua esperienza, la pedagogista ha incontrato tante persone vulnerabili che non sono capaci di chiedere aiuto, «un po’ per vergogna, un po’ perché fino all’altro ieri vivevano una vita normale e non sono proprio a conoscenza delle varie reti assistenziali dislocate nei territori».

Chiara – nome di fantasia -, gestiva eventi, organizzava fiere in tutto il territorio lombardo. Il suo tenore di vita era medio-alto. «Poi, dopo l’arrivo del Coronavirus, ha perso il lavoro». Lo shock è coinciso con la separazione dal suo compagno e si è trovata completamente sola. «Non avrebbe mai chiesto aiuto a noi di “Energie Potenziali”». Chiara provava troppo imbarazzo nel rivolgersi a un’associazione. Chi, invece, non ha avuto altra scelta che rivolgersi alla Caritas locale, è stata sua madre: «I volontari, approfondendo la situazione dell’anziana signora, hanno scoperto che in realtà dietro al suo bisogno c’era la difficoltà della figlia, che sopravviveva soltanto grazie alla pensione della madre». “Energie Potenziali” s’è fatta carico del pagamento delle utenze di Chiara e, riconnettendosi a internet, la donna è riuscita a riagganciare i suoi contatti precedenti. In qualche mese, dal suo network è arrivata una nuova offerta di lavoro e il suo reinserimento nella società può dirsi quasi concluso.

I campanelli di allarme

Sono tre i campanelli d’allarme di un’inedita situazione di difficoltà economica. «Gli eventi che rendono le famiglie vulnerabili sono la perdita del lavoro, la malattia o la morte di un membro del nucleo famigliare e la separazione o il divorzio». Quando si verifica uno di questi tre episodi, la povertà energetica potrebbe subentrare da un momento all’altro nella vita delle persone. «Quest’anno – conclude Attolico – c’è stato un exploit di povertà energetica. L’impatto del Covid ha generato delle ricadute molto forti nelle famiglie, sia facendo perdere il lavoro, sia generando una perdita di fiducia nei propri mezzi».

I nuovi disoccupati, in questo periodo, vivono una mancanza di stima consequenziale al trauma psicologico della pandemia. «È questo l’elemento più grave: ci sono tantissime persone che hanno smesso di cercare lavoro e hanno esaurito le proprie risorse». Stando ai dati raccolti da Attolico, solo nella Bassa Bresciana, le richieste di sostegno alle onlus che distribuiscono pacchi alimentari hanno registrato un incremento del 100%, il doppio rispetto all’era pre-Covid.

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