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Che fine ha fatto Jack Ma? Il profeta dell’e-commerce scomparso dopo le critiche al governo cinese

di Valerio Berra

Il 24 ottobre durante una conferenza Ma aveva criticato il sistema bancario imposto dal governo cinese, definendo l’atteggiamento delle banche statali simile a quello di «banchi dei pegni»

L’allarme è stato dato il 4 gennaio da Jessica Yun, giornalista australiana che scrive su Yahoo Finance. Jack Ma, uno degli uomini più ricchi della Cina, è scomparso. O meglio, dal 24 ottobre non si è più registrata una sua apparizione pubblica. E di occasioni ce ne sarabbero state. Jack Ma non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche quando l’ingresso in borsa del suo Ant Group previsto per il 5 novembre è stato bloccato dal governo cinese. Nessuna parola nemmeno il 16 novembre, quando ad Accra, in Ghana, si è tenuta la finale di Africa’s Business Heores, il talent show sponsorizzato dalla sua fondazione dedicato ai giovani imprenditori africani. E non ha commentato le perdite della sua Alibaba, che negli ultimi mesi ha visto assottigliarsi il suo valore di mercato del 25%.


Non ci sono ricostruzioni ufficiali di questo allontanmento dalle scene. Quelle ufficiose guardano tutte al 24 ottobre quando durante una conferenza di cui esistono poche tracce, Ma avrebbe criticato il sistema di leggi che regolano il mercato cinese. Un sistema che l’imprenditore ha definito come una «eredità della dell’era industriale» non adatto al mercato. Non solo. Ha anche suggerito al governo di Pechino che una riforma è necessaria soprattutto per dare spazio agli imprenditori più giovani: «Dobbiamo creare un nuovo sistema per la prossima generazione e per i giovani. Dobbiamo riformare il sistema attuale». Ha aggiunto anche una critica alle banche statali, definite semplici «banchi dei pegni».


Le (vecchie) fortune di Jack Ma

«Bisogna essere innamorati del Partito, ma mai sposarlo». Era questa la frase con cui Ma era solito definire il suo rapporto con il Partito Comunista. Nato nel 1964 a Hangzhou, il suo vero nome è Ma Yun. Secondo un’intervista a Inc il suo primo lavoro come insegnante di inglese all’inizio degli anni ’90 gli permetteva di incassare solo 15 euro al mese. Dopo un viaggio a Seattle e diversi incarichi per aziende statali della Cina, la svolta è arrivata nel 1998, anno della fondazione del colosso dell’e-commerce Alibaba.

Ora il suo portafoglio è stimato attorno ai 50,6 miliardi di dollari, soglia che lo rende uno degli uomini più ricchi della Cina, in competizione con il colosso dell’acqua minerale Zhong Shanshan. Un portafoglio che con l’entrata in borsa di Ant Group, società finanziaria specializzata in prestiti, avrebbe dovuto aumentare, visto che si parlava di una Ipo da 37 miliardi di dollari. Un record nella storia della finanza mondiale. Eppure, come riportato da un fonte vicina al governo di Pechino al Wall Street Journal: «A Xi Jinping non importa se un capitano d’industria arriva in cima alla lista dei ricchi. Quello che gli interessa è che allinei i propri interessi a quelli dello Stato».

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