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Coronavirus, i numeri in chiaro. L’infettivologa Taliani: «Spaventano i dati sui nuovi contagi e sulle vittime: il trend è in crescita»

08 Gennaio 2021 - 20:05 Giada Ferraglioni
I dati di oggi, dice, illustrano una situazione «preoccupante». Il vaccino agli insegnanti? «Sì, ma devono scendere in campo i medici di base»

Sono numeri preoccupanti quelli che iniziano ad arrivare dopo le settimane di festività. Il numero dei decessi legati al Coronavirus è oggi di 620, e l’aumento di nuovi positivi è di +17.533. La Cabina di Regia ha evidenziato un aumento dell’Rt, che è tornato attorno a 1 in quasi tutta Italia, e ha raccontato di un trend complessivamente di nuovo in salita. C’è chi parla già di una terza ondata alle porte, ma l’impressione è quella di non aver mai risolto totalmente nemmeno la seconda. «Certo, siamo lontani dai picchi di novembre», dice a Open Gloria Taliani, infettivologa e ordinaria di Malattie infettive all’università La Sapienza di Roma. «Ma il quadro che abbiamo davanti non è per nulla incoraggiante».

L’Iss non ci ha restituito una fotografia della situazione troppo confortante. In che modo lo possiamo vedere dal bollettino di oggi?

«Quello che fa impressione è come l’andamento dei nuovi casi giornalieri faccia una rima spaventosa con quello delle morti. In entrambe le curve si vede questo andare incostante, in salita e in discesa, che però, a differenza di quanto accadeva qualche settimana fa, ci mostra un trend di crescita. E questa è la cosa più inquietante: decessi e positivi stanno indubbiamente aumentando».

Sappiamo oltretutto che i dati di questi giorni sono stati influenzati dalle feste, che ci hanno restituito cifre al ribasso rispetto alla realtà con bassi numeri di tamponi effettuati.

«Proprio così. E questo è molto preoccupante. Guardiamo le morti: oggi siamo di nuovo 620. Il 26 dicembre erano 261, il 1 gennaio 462.. Per quanto scendano, non vanno mai oltre una certa soglia».

Qualcosa di positivo?

«Quello che c’è di buono è il dato sugli attualmente positivi e sui guariti. Oggi ci sono stati circa 17 mila dimessi e 17 mila nuovi positivi. Il ‘serbatoio’ si svuota e si riempie, senza andare in sovraccarico. Siamo lontani dai picchi di 800 mila casi attivi che avevamo a novembre: oggi sono circa 570 mila, di cui oltre 544 mila in isolamento domiciliare. La maggior parte dei positivi è quindi paucisintomatica, il che vuol dire che stiamo andando meglio anche con il tracciamento e la messa in quarantena repentina. E si nota anche nel dato delle terapie intensive, che vediamo stabile».

La Toscana è l’unica Regione che resta nella fascia di rischio basso. Cosa possiamo dire guardando ai suoi dati?

«In realtà, anche qui, direi che la situazione è altalenante. Il 2 gennaio il rapporto nuovi contagi/tamponi era al 9,8%, oggi è all’8%. Ma il 6 gennaio era al 3,7%. Tutto dipende dal numero dei tamponi, e non sembra essere lineare».

In tutto questo, come vede il rientro a scuola?

«Io credo che non si possa disporre lo stesso per tutti. Non possiamo lavorare sui piccoli comuni come sulle città, e viceversa. Una scuola di provincia che ospita qualche centinaio di studenti è diversa da un istituto di una grande città, che ne ospita più di mille e nella quale convergono studenti da diverse zone, con mezzi pubblici collettivi. Il principio è lo stesso del lockdown: bisogna differenziare e lasciare autonomia locale».

Cosa ne pensa dell’ipotesi di anticipare le vaccinazioni dei docenti e del personale scolastico? È una buona idea e, soprattutto, è fattibile?

«È chiaro che chi lavora nelle scuole va vaccinato. Loro sono in prima linea. Ora che abbiamo anche il vaccino di Moderna, ci saranno sicuramente più dosi disponibili. Ma poi bisogna accelerare le somministrazioni: c’è poco da fare, devono scendere in campo i medici di base – che conoscono anche meglio di altri la storia clinica dei loro pazienti. Certo, poi loro sono una lobby potentissima. E non c’è modo di fargli fare una cosa che non vogliono fare».

Immagine di copertina: Elaborazione grafica di Vincenzo Monaco

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