Coronavirus, i numeri in chiaro. Sebastiani: «Miglioramenti finora insignificanti dal decreto Natale. Rischioso riaprire le scuole»

di Giulia Marchina

Secondo il matematico, per vedere miglioramenti sull’andamento epidemico ci vorranno ancora 7-10 giorni. Quanto alla situazione nelle regioni: «Questa settimana è un disastro», sostiene

In Italia sono 20.331 i nuovi casi di Coronavirus registrati nelle ultime 24 ore e riportati nell’ultimo bollettino della Protezione civile e del ministero della Salute. Il totale delle infezioni registrate nel Paese sale così a quota 2.201.945. Oggi, 6 gennaio, si contano 548 decessi, per un totale di 76.877 vittime dall’inizio della pandemia. I guariti, invece, salgono a quota 1.556.356. I dati arrivano a fronte di 178.596 tamponi analizzati nei laboratori italiani. «È ancora presto per capire se abbiamo scampato il pericolo, mi aspetto che i contagi comincino a frenare», spiega il matematico del Cnr Giovanni Sebastiani.


Professore, qual è la situazione rispetto ai dati di oggi?


«Per quanto riguarda la circolazione virus, e quindi la percentuale di casi positivi sui casi testati, dall’analisi fatta sulle differenze percentuali settimanali, si vede un minimo segno dell’effetto delle misure del decreto di Natale. Fino a questa settimana la percentuale era sempre in aumento, la prossima settimana, stando ai calcoli, diminuirà. Questo significa che siamo in frenata».

Per quanto riguarda, invece, i decessi e le terapie intensive?

«Questa settimana e la prossima dovremmo assistere a un aumento dei decessi medi, la curva media dei decessi riprenderà a salire. Per quanto riguarda le terapie intensive e i ricoverati siamo tra la stasi e la leggera salita. Ci vorranno altri 7-10 giorni per vedere gli effetti dei provvedimenti. Questo perché, ormai lo sappiamo, rispetto alla curva dei contagi, in questi casi si viaggia, per così dire, “in ritardo” con i progressi o i peggioramenti. Mi aspetto comunque che la ripresa dei contagi freni. Quanto, bisognerà vederlo».

La situazione, sul piano regionale, è molto diversa?

«Le due curve epidemiche, quella nazionale e quella regionale, non sono mai identiche. I cambiamenti minimi che ho citato, a livello regionale, ancora non li vediamo. Questa settimana, a livello regionale è un disastro. La stragrande maggioranza delle regioni-province autonome mostra un trend in crescita negli ultimi 10 giorni della percentuale di positivi su casi testati».

A breve riprenderà la scuola…

«A questo proposito, prenderei a esempio la situazione in Piemonte. Ho analizzato la curva epidemica nella settimana tra il 9 e il 16 novembre: in quel periodo la Regione ha raggiunto il picco. In quella settimana, se uno va a vedere, la circolazione del virus era al 35%. Nelle scuole esaminate in quella settimana, il 34%  degli studenti testati era positivo. Quindi in apparenza nessun aumento di circolazione del virus».

E il Piemonte, non a caso probabilmente, ha deciso di ritardare la ripartenza scolastica per le scuole superiori…

«Se uno analizza meglio i dati, considerando la fascia d’età 11-19 anni, la percentuale arriva al 42% e la differenza è statisticamente significativa. Inoltre, il campionamento non è casuale e quindi molti casi asintomatici, frequenti nella fascia giovanile, sono stati persi. In più, nel personale scolastico la percentuale sale al 50%».

Quindi cosa consiglia?

«Massima cautela. La questione scolastica è davvero delicata. Aspettiamo che ci sia una significativa riduzione della circolazione del virus prima di riprendere con la didattica in presenza. Il tempo di didattica a distanza si può recuperare con didattica in presenza allungando il periodo scolastico a Giugno-Luglio, quando ci aspettiamo che la circolazione del virus sarà bassa, come accaduto lo scorso anno».

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