Crisi di governo, Marcucci (Pd): «Fidarci ancora di Renzi? In politica mai dire mai» – L’intervista

Il capogruppo del Pd al Senato fa intendere che una maggioranza senza Italia Viva e senza Conte non è fattibile

Il silenzio dei «responsabili», a due giorni dalla resa dei conti in Parlamento, può dire soltanto una cosa: Giuseppe Conte non è ancora riuscito ad assicurarsi quei 161 voti a Palazzo Madama che consentirebbero all’esecutivo di proseguire i lavori con una certa stabilità. C’è ancora del tempo, è vero, ma le dichiarazioni di Andrea Marcucci, capogruppo al Senato del Pd, lasciano intendere che l’ipotesi più probabile, al momento, resti quella di un’ampia maggioranza che includa anche Italia Viva. È possibile, dunque, tornare a fidarsi di Matteo Renzi? «In politica, mai dire mai».


Senatore, lei è annoverato tra i Dem più disponibili a imbastire un dialogo con Italia Viva per ricucire lo strappo. La mossa di Renzi ha risvegliato degli attriti anche tra le diverse correnti del Pd?


«Ho detto senza tanti giri di parole, che l’errore di Matteo Renzi è stato particolarmente grave, da matita blu per intenderci. Detto questo, quali sono le opzioni in campo? Le racconto la mia: una maggioranza politica coesa da un programma definito e magari allargata con il voto di singole personalità. Il Pd non ha smesso di chiedere con forza un patto di legislatura».

Con una maggioranza risicata al Senato, senza superare la soglia dei 161 voti di fiducia, l’esecutivo può andare comunque avanti?

«Intanto vediamo l’esito del voto martedì in Senato. Come ha detto il vicesegretario dem Orlando, non si governa un grande Paese come il nostro, con un voto di scarto, soprattutto in un anno così difficile come quello che è appena iniziato».

Può esistere una maggioranza senza Italia Viva?

«La politica è fatta da numeri. Ed i numeri di questa legislatura sono abbastanza chiari. Io, che i numeri li leggo ad ogni singola votazione, dico aspettiamo il verdetto dell’aula del Senato».

E un governo senza Conte?

«Vale lo stesso ragionamento di prima sui numeri. Ma lo dico chiaramente anche a Matteo Renzi, non esiste un governo senza Conte, come non esiste una maggioranza senza il M5s. La politica non si può fare ignorando i numeri».

La ricerca dei cosiddetti «costruttori» va avanti. Ha notizie di un buon numero di senatori raggiunto e si sta parlando anche degli incarichi di governo da attribuire a qualcuno dei responsabili?

«Guardi, la controprova ci aspetta a breve, per l’appunto. Ma non sono immaginabili una maggioranza e un governo senza obiettivi definiti e concordati e senza una valutazione oggettiva sulla squadra».

Italia Viva sostiene di essersi sfilata dall’esecutivo perché l’immobilismo non permetteva nessuna riforma di ampio respiro. Ha ravvisato anche lei una certa difficoltà di azione da parte del governo?

«Il Pd ha ripetutamente posto all’attenzione del presidente del Consiglio una serie di priorità: dal Recovery Plan alle riforme. Il premier, all’inizio di dicembre, aveva convocato i leader per definire un patto di legislatura, che poi è diventato lettera morta. Da quel momento è partita una crisi latente. Soltanto risolvendo quel nodo, la crisi si scioglierà. Non servono scorciatoie».

Il Pd, come Italia Viva, è favorevole al Mes. I 5 Stelle hanno alzato un muro contro questa linea di credito. Come si può trovare un compromesso in materia economica e di spesa avendo all’interno della stessa maggioranza due posizioni così distanti?

«Mi sono espresso più volte sul Mes. Ho notato con soddisfazione che gli investimenti sanitari nel Recovery Plan, rispetto alla prima versione, sono raddoppiati. A un certo punto si dovrà fare una valutazione complessiva sulle necessità del nostro sistema sanitario, e sulla base di quella, magari ricorrere ad una parte delle risorse stanziate dal Mes».

Che Conte ottenga la fiducia o meno, prevede dei cambiamenti alla guida dei ministeri?

«Io posi la questione di una valutazione della squadra di governo a inizio dicembre».

Pare che il presidente del Consiglio stia lavorando per la formazione di una sua lista. Come vive il Pd la nascita di questa entità politica di centro ed è questo il momento opportuno per pensare alla fondazione di nuovi movimenti politici?

«Il presidente Conte naturalmente fa ciò che vuole e non mi permetto di dare giudizi su una formazione che potrebbe nascere. Il Pd pensa che il ritorno a una legge proporzionale sia urgente. E nel sistema proporzionale, non ci sono alleanze preventive, ognuno pensa a rendere forte e competitiva la sua lista».

Nella diatriba Conte-Renzi, c’è qualcosa per cui biasima uno dei due o entrambi?

«Categorie come il biasimo non mi appartengono. E a dirla tutta, le sfide personalistiche non mi hanno mai appassionato».

I toni, in questi giorni, sono stati particolarmente aspri tra tutte le forze politiche. Superata la bufera, tornerà a fidarsi di Renzi?

«Una delle prime cose che ho imparato da giovane parlamentare del Pli è che in politica non si deve mai dire mai».

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