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L’allarme di Miozzo (Cts) sui vaccini: «Troppa improvvisazione. Cosa succederà con l’immunizzazione fuori da ospedali e Rsa?»

31 Gennaio 2021 - 08:54 Maria Pia Mazza
Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico: «Nessuna banca dati nazionale, i medici di famiglia sono molto preoccupati»

«Non possiamo permetterci altri errori». È in queste parole il fil rouge che lega le dichiarazioni degli esperti sull’emergenza Coronavirus, in un momento cruciale per il nostro Paese. Con l’ingresso in zona gialla della maggior parte delle regioni italiane e una campagna vaccinale da portare avanti a tambur battente (ma ancora costellata più di incognite che di certezze nella sua messa in atto), Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, dice di «vedere ancora molta improvvisazione e poca preparazione del territorio nell’affrontare la campagna vaccinale». «Vedo disordine e cattiva gestione del processo – prosegue Miozzo in un’intervista al Corriere della Sera – i furbi del vaccino, la scarsa informazione sulle prospettive, la poca comunicazione dedicata a fasce diverse della popolazione».

Posto che sino ad oggi le vaccinazioni sono state effettuate «su una popolazione ben individuata» (quella di sanitari e persone residenti nelle Rsa) e «in luoghi protetti», Miozzo ha molte riserve su cosa succederà quando bisognerà «andare a vaccinare persone non deambulanti, anziani che non hanno un pc per accreditarsi». «Non mi pare di aver visto una banca dati nazionale – spiega il coordinatore del Cts – sento molta preoccupazione tra i medici di famiglia». A detta di Miozzo, l’unico modo per affrontare una campagna vaccinale di queste dimensioni è impiegare la Protezione civile e i volontari, «che dovranno ovviamente interagire con il sistema sanitario territoriale, i militari, la polizia, i carabinieri, la guardia di finanza».

«Sistema impreparato all’emergenza»

Certo, di lavoro «ne è stato fatto tanto», ma inevitabilmente questa pandemia ha messo in evidenza «le fragilità dei sistemi sociale e sanitario causate da decenni di abbandono e di scarsi investimenti politici ed economici». Dal canto suo, in qualità di coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Miozzo dice di non aver «elementi per giudicare se è stato fatto tutto ciò che era necessario fare, o se avremmo potuto fare di più o meglio». Ma tra gli errori maggiori annovera «l’assenza della medicina del territorio, oltre all’incapacità e all’impreparazione del sistema a vivere situazioni di emergenza». 

E poi c’è la politica. Una politica «debole» secondo Miozzo, «che ricerca nella dimensione scientifica soluzioni a problemi che sono e devono rimanere squisitamente politici». Dal grande al piccolo, dalla riapertura nazionale delle scuole superiori, alle scelte della politica più periferica, dove «molti esponenti locali si sono distratti in modo vergognoso rispetto alle raccomandazioni sulla criticità del momento», passando per «le incredibili decisioni prese da singoli governatori nel totale disprezzo dell’interesse del Paese intero». 

«Non possiamo allentare il controllo»

A prescindere da quali saranno gli esiti di questa crisi di governo, l’esecutivo che governerà il Paese dovrà anzitutto «scegliere i settori da far ripartire», anche perché un altro lockdown non è ormai più possibile, e «ci sono milioni di persone in estrema sofferenza, milioni di aziende che chiudono gettando nella disperazione famiglie che non hanno più reddito – osserva -. Lo Stato interviene con sussidi parziali, che però non possono supplire alle innumerevoli esigenze quotidiane». «Ma la vera priorità – chiosa Miozzo – è il rigore: se allenteremo il controllo della curva epidemica perderemo questa guerra».

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