Di Battista scarica Draghi: «Gli hanno già promesso il Quirinale». Le due ore al telefono con Draghi che hanno convinto Grillo

L’ex numero uno della Bce, nella telefonata con il fondatore del M5s, avrebbe assicurato che il RdC non verrà smantellato, semmai migliorato. E che il programma sullo sviluppo sostenibile, baricentro del programma tra pentastellati, Pd e LeU

Se i venti di scissione interna al M5s sembravano placati durante le consultazioni al Quirinale, ricompattando il Movimento attorno a Giuseppe Conte, l’ingresso in scena di Mario Draghi ha creato un vero e proprio uragano interno al MoVimento. E la situazione è profondamente critica per il futuro del M5s, tant’è che il fondatore e garante Beppe Grillo ha deciso di andare a Roma per tentare di placare la rivolta degli ortodossi anti-Draghi. Una corrente ortodossa incarnata, seppur esternamente dai palazzi, da Alessandro Di Battista, che nella notte ha ribadito il proprio «no» secco all’ex numero uno della Bce. «Ogni ora che passa, per quanto mi riguarda, si aggiungono ragioni su ragioni per dire NO a Draghi. Si dice: “non sarà un governo tecnico ma un governo politico”. Benissimo. Allora ragioniamo di politica». 


«Draghi, nei primi mesi di luna di miele concessa da una pubblica opinione stremata da un anno di pandemia, si dedicherà al piano vaccinale e a mettere nero su bianco un Recovery gradito ai potentati che lo incensano. Nulla più – scrive Di Battista su Facebook -. Poi, senza colpo ferire, si farà eleggere Presidente della Repubblica. D’altro canto non avrebbe mai accettato senza questa garanzia. A quel punto ci si renderà conto che il governo dei migliori come già viene definito, era solo l’inizio della restaurazione. Un film già visto». E secondo il pasionario dei pentastellati «Opporsi a questo scenario è l’unica scelta, propriamente politica, che si possa fare».


E tutto si sarebbe innescato, andando via via crescendo, a partire dal colloquio di Roberto Fico con il presidente incaricato Draghi. Senza il beneplacito del M5s sarà difficile ottenere una fiducia in Parlamento. E così Draghi, dopo l’incontro di un’ora e mezza con il premier dimissionario Conte, ha fatto un ulteriore passo verso i pentastellati: ha chiamato direttamente Beppe Grillo. Tant’è che dopo un iniziale scetticismo, la posizione del M5s nei confronti di Draghi è passata dal «no» secco, a una prima timida apertura, portata avanti dalle dichiarazioni del capo politico ad interim Vito Crimi, ma anche dallo stesso Conte, che ieri ha tentato di rassicurare «gli amici del Movimento»: «Io ci sono e ci sarò», ribadendo che non creerà ostacoli alla formazione dell’esecutivo dell’ex numero uno della Bce.

Della telefonata tra Mario Draghi e Beppe Grillo si sa poco. Ma se l’apertura c’è stata qualche elemento di convergenza ci sarà pur stato. E pare che Draghi abbia rassicurato Grillo sulla questione dei temi ambientali, sullo sviluppo sostenibile (menzionato altresì da Giuseppe Conte nel suo discorso) e baricentro del programma che univa i Cinque Stelle al Partito Democratico e LeU. Ma non solo. Sul uno dei cavalli di battaglia del M5s, il reddito di cittadinanza, Draghi avrebbe assicurato che «non verrà smantellato, ma migliorato». E così Grillo ha deciso di aprire. Ma quest’apertura potrebbe avere un prezzo alto e del tutto interno da pagare: la scissione del M5s.

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