Tra massacri e rapimenti nel Nord Kivu, chi sono le forze per la liberazione del Ruanda, principali sospettati dell’agguato a Luca Attanasio

Si tratta del principale gruppo di ribelli ruandesi di etnia Hutu, noti per il genocidio del 1994. La scorsa settimana l’ambasciatore del Ruanda in Congo aveva parlato del fronte dei ribelli dicendo che la formazione si era indebolita «grazie alla collaborazione fra i due Paesi»

Il governo congolese ne è sicuro: responsabili dell’assalto armato in cui sono morti l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista locale sono i ribelli Hutu delle forze democratiche di liberazione del Ruanda. Ma chi c’è dietro questo fronte? E come agisce? Si tratta del principale gruppo residuo di ribelli ruandesi di etnia Hutu, noti per il genocidio di circa 800 mila persone, soprattutto tutsi, in Ruanda nel 1994. Stando a quanto riportato dal Counter terrorism center, sarebbero da attribuire alle forze per la liberazione del Ruanda i tanti attentati terroristici commessi nel 2009, circa una dozzina, nel corso dei quali sono rimaste ferite e uccise centina di persone nel Congo orientale. Ma da una decina d’anni a questa parte il fronte ha cambiato il suo modo d’agire.


A partire dal 2010, il fronte di liberazione del Ruanda ha cominciato a orientarsi su azioni “a bassa intensità” ma ad alta resa, a cominciare dal punto di vista economico. La rimodulazione della strategia d’azione dei ribelli è arrivata dopo alcune operazioni dell’esercito congolese e dei ranger dell’istituto congolese per la Conservazione della natura. In questo nuovo modo rientra per esempio il rapimento nel 2018 di due turisti inglesi nel parco nazionale di Virunga, l’area naturale protetta popolata da gorilla di montagna e covo di gruppi armati. Lo stesso parco teatro dell’assalto di oggi contro il convoglio che trasportava l’ambasciatore italiano Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci. I due turisti inglesi furono rilasciati dopo due giorni dietro riscatto.


In un altro caso, nell’aprile dello scorso anno, una sessantina di membri del fronte di liberazione del Ruanda hanno attaccato una pattuglia dell’istituto congolese per la conservazione della natura provocando 17 morti, di cui 12 ranger impegnati a salvare i gorilla dal bracconaggio. Nel settembre del 2019, il capo delle forze democratiche di liberazione del Congo, Sylvestre Mudacumura, è stato ucciso nel Nord Kivu, la provincia orientale congolese luogo dell’attacco ad Attanasio, da anni teatro di scontri tra diverse milizie che si contendono il controllo del territorio e delle risorse naturali.

Proprio la scorsa settimana l’ambasciatore del Ruanda in Repubblica democratica del Congo, Vincent Karega, aveva parlato del fronte dei ribelli dicendo che la formazione si era indebolita «grazie alla collaborazione fra i due Paesi». Le forze per la liberazione del Ruanda «reclamano cose che il Ruanda non può dare. Si tratta di cose legate a conflitti fondiari con le altre etnie congolesi – aveva spiegato l’ambasciatore – dunque sono veramente problemi congolesi che solo mediaticamente vengono chiamati guerra per procura da parte del Ruanda».

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