Dopo l’attentato in cui sono stati uccisi l’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, il ministero dell’Interno di Kinshasa punta il dito contro i ribelli Hutu delle Forze di Liberazione del Ruanda. Nell’attacco, avvenuto «sulla via del Rutshuru, nel territorio di Nyiragongo», oltre ai due cittadini italiani ha perso la vita l’autista di uno dei veicoli del convoglio, un cittadino congolese. Il comunicato, inoltre, specifica che l’ambasciatore italiano non è morto nei minuti successivi all’attentato, ma «qualche ora dopo nell’ospedale della missione dell’Onu in Congo, a causa delle ferite» riportate all’addome.
Nel testo le autorità del Paese aggiungono: «I servizi di sicurezza e le autorità provinciali non hanno potuto garantire misure precauzionali di sicurezza per il convoglio, né venire in loro aiuto». Il motivo? «La mancanza di informazioni sulla presenza – del convoglio – in questa parte del Paese, considerata instabile e afflitta dall’attività di gruppi armati di ribelli nazionali e stranieri». Il ministero dell’Interno ha assicurato che «le forze armate della Repubblica democratica del Congo continueranno le ricerche sul luogo della tragedia», e ha espresso «le più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime, alla Repubblica italiana e a tutta la comunità diplomatica presente in Congo».

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