Lo sfogo di Galli: «Sono bastati due giorni per dimostrare che sulle varianti Covid avevo maledettamente ragione»

L’infettivologo del Sacco: « Anche se a Milano non ci sono ancora segnali pesantissimi, in altre aree della Lombardia i problemi sono seri»

Solo qualche giorno fa Massimo Galli, direttore di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ribadiva con forza che la variante Covid isolata nel Regno Unito rappresenta «un ceppo molto pericoloso per la sua capacità di diffusione» e, di conseguenza, «può diventare dominante in poco tempo». L’impatto di questa variante, a detta del primario del Sacco, sarebbe emerso nell’arco delle successive due settimane. Al contempo Galli riferiva di aver «il reparto invaso dalle nuove varianti e questo  – proseguiva – a breve potrebbe portarci problemi seri», consigliando di accelerare sulle vaccinazioni.


Le dichiarazioni del primario sono state successivamente smentite dall’ospedale stesso e hanno alimentato le polemiche tra Galli e il primario del San Martino di Genova, Matteo Bassetti. Oggi Galli è tornato sulla questione: «Non sono stati necessari 15 giorni, ne sono bastati 2 o 3 per dire che avevo maledettamente ragione», ha detto a Mattino 5.


«Se devo attenermi ai dati del laboratorio di ricerca che dirigo, negli ultimi giorni i casi sono molto spesso legati a varianti Covid. E in Lombardia – precisa – gli effetti sono già evidenti». «Non faccio altri numeri che riguardano il mio ospedale – puntualizza Galli -. Il virus è grosso, quello dell’Aids e quello dell’Epatite C sono più piccoli e cambiano molto di più. Questo cambia meno, ma le mutazioni ci sono e il virus può imporsi con la nuova variante. Quella “inglese” ha una capacità di diffusione superiore del 40%». 

Stando ai dati del laboratorio, «negli ultimi giorni i casi sono molto spesso riscontrate varianti. Anche se a Milano non ci sono ancora segnali pesantissimi – precisa – in altre aree della regione i problemi sono seri», come nel caso della provincia di Brescia. Galli, quindi, dice di non volersi pronunciare sui dettagli sull’impatto delle varianti, rimandando «a chi deve detenere questi dati per definizione: le informazioni di prima mano arrivano in regione dagli ospedali e  dalla periferia organizzativa, dalla regione vengono trasmessi a Roma». 

Leggi anche: