Il mondo dello spettacolo a un anno dalla chiusura. Proteste a Milano: «Il governo ci dia una data certa per riaprire i teatri»

Il primo provvedimento arrivò il 23 febbraio 2020 nelle regioni del Nord Italia. Valeria Arzenton, l’imprenditrice che ha sconfitto TicketOne: «Abbiamo bisogno di un orizzonte per programmare la ripartenza»

È passato un anno da quando l’ultimo sipario è calato sul mondo dei teatri. Da allora, ogni tentativo di riapertura, ogni accenno di ripartenza per un comparto – quello dello spettacolo dal vivo – che occupa oltre mezzo milione di persone è stato cassato dai vari Dpcm del governo Conte II. Ieri sera, 22 febbraio, alcuni palcoscenici, dal Nord al Sud Italia, hanno acceso le luci affinché «questi luoghi tornino simbolicamente a essere ciò che da 2500 anni sono sempre stati: piazze aperte sulla città, motori psichici della vita di una comunità – ha spiegato L’Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo -. Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo, storicamente poco tutelati, sono tra quelli che hanno maggiormente subito gli effetti devastanti della pandemia sul lavoro».


Oggi, 23 febbraio, le manifestazioni continuano in tutto il Paese. A Milano, il Coordinamento spettacolo Lombardia si è unito con il Comitato in difesa della scuola e altre associazioni studentesche per lanciare la Giornata della cultura e dell’istruzione: una manifestazione non autorizzata nel cuore del capoluogo lombardo. «Non è un corteo, ma un presidio che durerà per tutta la giornata – spiega uno degli organizzatori -. Iniziamo alle otto di mattina prendendo possesso di un luogo simbolico di Milano», gli spazi dell’ex cinema Arti in via Mascagni. Nella manifestazione si intrecciano le istanze del settore culturale e del mondo studentesco, «perché scuole e teatri sono state le realtà lasciate chiuse più a lungo: la politica ha preferito dare priorità a quelle attività che garantiscono un ritorno economico immediato».


Esattamente un anno fa, il governo adottava i primi provvedimenti di chiusura dei teatri nelle regioni del Nord Italia, dove sono nati i primi focolai di Coronavirus. Poi, con il Dpcm dell’8 marzo, la serrata veniva estesa a tutto il territorio nazionale. «Stavamo per andare in scena, mancavano circa tre ore dall’inizio dello spettacolo Circo elisium, a Brescia – racconta Valeria Arzenton, cofondatrice della società che promuove spettacoli dal vivo Zed e vicepresidente dell’Associazione italiana teatri privati (ATIP) -. Poi, quel 23 febbraio, arrivò l’ordine di interrompere ogni attività. Lo show era già allestito, era tutto pronto. Da lì in avanti, il nostro settore ha conosciuto il periodo più buio della sua storia». Il nome di Arzenton è salito recentemente alle cronache per aver vinto una battaglia contro la posizione di fatto monopolistica di TicketOne nella vendita di biglietti online per gli spettacoli dal vivo: la società tedesca è stata multata dall’Antitrust per 10 milioni e 868 mila euro.

«I teatri non sono come negozi di abbigliamento, non basta alzare la saracinesca per tornare a fatturare»

Valeria Arzenton

Adesso, si è fatta promotrice di un’altra battaglia: quella per la riapertura, in tempi certi, dei teatri italiani. «All’inizio brancolavamo nell’incertezza – dice a Open -, poi abbiamo iniziato a brancolare nell’ignoto. Spostavamo le date in avanti di qualche settimana, poi abbiamo capito che posticipare gli spettacoli era inutile e non c’è rimasto altro da fare che annullare tutto. A differenza delle altre categorie di professionisti, siamo noi dello spettacolo dal vivo, del cinema, degli eventi fieristici ad aver subito i colpi più devastanti». La specificità del dramma è data dalla complessità della “merce” in vendita: «I teatri non sono come negozi di abbigliamento, non basta alzare la saracinesca per tornare a fatturare. Gli spettacoli vanno preparati con settimane, mesi di anticipo. C’è un lavoro di promozione che adesso è diventato ancora più complicato: bisogna convincere il pubblico del fatto che i teatri sono un luogo sicuro».

Da febbraio a dicembre 2020, il calo di fatturato del settore è stato pari al 97%. «I primi due mesi del 2021 – afferma con un po’ di rammarico – siamo ancora chiusi. Abbiamo bisogno di una data sull’orizzonte, per programmare una rinascita dell’intero settore». I teatri privati hanno sofferto più di quelli pubblici, sovvenzionati dal Fondo unico per lo spettacolo, la crisi generata dalla pandemia. «Ci autososteniamo con le bigliettazioni, gli sponsor – spiega Arzenton -. Il messaggio che deve passare chiaro e forte è che il disseto economico del settore non è derivato dall’incapacità di fare impresa, ma per un’emergenza sanitaria che è al di sopra delle parti». L’imprenditrice padovana chiede alle istituzioni di avviare una politica di supporto allo spettacolo dal vivo «in quanto impresa culturale e bene di inestimabile valore per la società».

«La cosa fondamentale è avere una data di riapertura»

Il piano per la ripresa del settore, per Arzenton, non può prescindere dai ristori alle imprese dello spettacolo, «ma la cosa fondamentale è avere una data di riapertura per consentire una puntuale attività di comunicazione al pubblico e organizzare spettacoli di qualità». La rincuorano i molteplici studi che pongono il teatro tra i luoghi meno rischiosi per il contagio, «ma sono studi che si basano sulla capienza ridotta», dice. In quel caso, tra le proposte fatte al governo, «e devo ammettere che l’interlocuzione con il ministro Franceschini è costante», c’è quella di un intervento pubblico per ripianare le perdite dei biglietti non vendibili per questioni di distanziamento sociale. «Senza un aiuto economico che vada oltre ai ristori, i teatri privati non ce la farebbero con una capienza del 50% a sostenere i costi dell’elettricità e della manutenzione del palco, ad esempio – e conclude -. Ce la faremo: l’Italia, la sua identità passata e il suo futuro culturale, non possono prescindere dalla centralità dei teatri nella società».

Leggi anche: