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I ritardi sui vaccini, le Primule mai sbocciate, le accuse di conflitto di interesse: ecco perché è stato sostituito il commissario Arcuri

Chiamato a gestire l'emergenza nei primi mesi dell'epidemia, ha accumulato incarichi e critiche lungo la strada. Dal mancato potenziamento delle terapie intensive ai ritardi su mascherine e immunizzazione

Assente dalle consultazioni, depotenziato dal neo premier Mario Draghi e, infine, licenziato. Domenico Arcuri non è più il super-commissario all’emergenza Covid-19: al suo posto Draghi ha chiamato il generale Paolo Figliuolo, comandante logistico dell’esercito e, anche per questo, persona considerata più adatta per gestire e velocizzare la consegna e somministrazione dei vaccini. La decisione è arrivata poco oltre due settimane dall’insediamento del governo Draghi – c’è chi scherza, «le primule sbocciano il 1° marzo» – con due mesi circa di anticipo rispetto alla naturale scadenza del suo mandato (30 aprile). Ma di avvisaglie ce n’erano state parecchie. E non soltanto perché tra i sostenitori della nuova maggioranza c’è chi – come Renzi e Salvini – invocava da tempo le sue dimissioni.

Il 23 febbraio, alle sette di sera il presidente del consiglio Draghi aveva convocato una riunione per discutere del nuovo decreto anti-Covid. Presenti, oltre ai ministri dei principali partiti di maggioranza anche tecnici come Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità. Non il commissario Arcuri, a cui non era stato esteso l’invito. Stesso copione per quanto riguarda l’incontro avvenuto tra il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti e Farmindustria per discutere la produzione italiana di vaccini, dossier avviato da Arcuri e ancora parzialmente di sua competenza fin quando sarà amministratore delegato di Invitalia, l’agenzia del ministero dell’Economia e delle Finanze che possiede il 30% della società farmaceutica ReiThera.

Quegli incarichi di troppo

ANSA/RICCARDO ANTIMIANI | Domenico Arcuri (sinistra), con Roberto Speranza (destra), ministro della Salute, al quartier generale della Protezione Civile, 22 giugno 2020

Anche questo doppio ruolo aveva pesato nel tribunale dell’opinione pubblica e inevitabilmente anche della politica. La decisione di investire su ReiThera aveva sollevato accuse di conflitto di interesse (è il caso dell’Associazione Coscioni, per esempio, che ne aveva chiesto le dimissioni per questo motivo). A pesare anche i troppi incarichi a lui affidati da Giuseppe Conte: terapie intensive, mascherine e reperimento di dispositivi medici, il contratto per l’app Immuni, il rientro a scuola dopo la prima ondata e infine il piano per la distribuzione dei vaccini anti-Coronavirus (per citare soltanto i principali incarichi legati all’emergenza, visto che ad Arcuri è stato chiesto anche di gestire la crisi dell’acciaieria pugliese ex Ilva).

Molte di queste vicende non hanno avuto un lieto fine. Dopo l’estate l’ormai ex commissario è stato criticato per non aver sfruttato al meglio i mesi caldi di parziale tregua nell’epidemia per potenziare le terapie intensive nel Paese, tardando l’avvio dei lavori (Arcuri si era difeso incolpando le Regioni). L’app Immuni non è mai veramente decollata, la scuola rimane un capitolo dolente dell’esperienza italiana del Covid, viste le riaperture parziali, tardive ed erratiche che hanno caratterizzato il ritorno in (semi) presenza da settembre in poi, mentre sul reperimento dei dispositivi medici pesano anche le inchieste della magistratura.

L’inchiesta sulle mascherine cinesi

Questo nonostante nell’inchiesta della procura di Roma, che riguarda l’affidamento miliardario fatto da Arcuri a tre consorzi cinesi per l’acquisto di 800 milioni di mascherine, l’ex super commissario sia in realtà parte lesa. Secondo l’accusa il giornalista in aspettativa Mario Benotti avrebbe sfruttato le sue relazioni con Arcuri per ottenere una remunerazione indebita sulle commesse di fornitura dei dispositivi di protezione individuale per ben 12 milioni di euro. Fatti che risalgono ai primi mesi dell’epidemia (marzo-aprile 2020), quando Arcuri si era ritrovato ad affrontare una fase unica e senza precedenti, collezionando, però, diverse bocciature, sia per i ritardi nella distribuzione (dalle Regioni ai farmacisti), sia per la non-pubblicazione dei dati per «evitare che vengano strumentalizzati per le polemiche politiche», come dichiarò in un’intervista al Corriere.

L’obiettivo mancato sulle vaccinazioni

Poi sono arrivate le primule, per cui Arcuri è stato criticato per aver badato troppo alla forma e troppo poco alla sostanza, ritardando ulteriormente la campagna vaccinale con la sua decisione di dare priorità alle strutture disegnate dall’architetto Stefano Boeri a discapito dei tanti edifici – dalle caserme agli stadi e i parcheggi – che sarebbero potuti essere sfruttati a tale scopo, come del resto ha evidenziato Draghi nel suo discorso di insediamento. Al netto dei ritardi nelle consegne (e nell’approvazione) dei vaccini, i dati non giocano a favore dell’ex commissario che aveva promesso che entro la fine di marzo sarebbero state vaccinate 7 milioni di persone. Manca un mese alla scadenza e, stando ai dati del governo, gli italiani vaccinati sinora sono 1.411.663.

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