Il criceto digitale: perché un eccesso di smart working danneggia il lavoro

Quando sarà finita l’emergenza bisognerà riportare l’interazione umana al centro dei luoghi di lavoro

C’è un nuovo essere, mezzo uomo (o donna) e mezzo animale, che si aggira per gli uffici, le aziende e i posti di lavoro: il criceto digitale. Un essere scaturito, in maniera del tutto imprevista e imprevedibile, dalla spinta estrema verso la tecnologia digitale generata dalla pandemia di Coronavirus e dalle misure di distanziamento sociale. Il criceto digitale inizia la sua giornata facendo colazione in compagnia del proprio smartphone, su cui consulta, senza un ordine preciso, le notizie della notte (senza dubbio su Open…), i WhatsApp degli inguaribili messaggeri notturni, il proprio stato su Facebook, Instagram, Twitter e via dicendo.


Dopo aver finito la colazione, il criceto digitale si lava i denti con lo spazzolino elettronico, collegato alla app che gli consiglia come fare, si fa una doccia ascoltando la musica che arriva in sottofondo dallo smartphone, e inizia la propria giornata lavorativa. Giornata caratterizzata, per il criceto digitale che non svolge lavori manuali, come una sequenza ininterrotta di video chiamate su Teams, Zoom, Meet, ecc. Gli unici momenti di svago sono la lettura delle email, dei messaggi whatsapp e la risposta a qualche telefonata vocale.


All’ora di pranzo il criceto digitale ordina qualcosa con il delivery food, che consuma sfogliando lo smartphone, oppure cucina rapidamente il pranzo che consuma leggendo lo smartphone o il tablet.
Terminata la pausa, il pomeriggio del criceto riprende da dove era terminato: tante video riunioni, qualche pausa su whatsapp e, se resta un pò di tempo, brevi telefonate vocali.

Appena finisce la giornata lavorativa, se resta tempo il criceto ne approfitta per fare un pò di ginnastica: apre la propria app per gli allenamenti e completa il piano giornaliero. Dopo l’allenamento, al criceto non resta che preparare la cena, magari scaricando una ricetta per il robot da cucina.
Dopo cena, il criceto sceglie il programma televisivo più adatto a fare da sottofondo al menu principale della serata: la navigazione compulsiva e disordinata, un rimbalzo continuo tra social media, shopping online, siti preferiti e ricerche su google su temi specialistici (ormai, tutte le più grandi questioni e dubbi in tema di medicina, diritto e finanza sono affidate alle risposte di Google).

Arriva l’ora di andare a dormire e finalmente il criceto digitale può staccarsi dallo smartphone, non prima di averci impostato la sveglia. Distacco che non durerà a lungo: una sbirciatina nella notte è sempre dietro l’angolo. Al mattino, il criceto riprende da dove si era terminato, senza soluzione di continuità e senza grandi variazioni. È sano tutto questo? Forse no, c’è qualcosa che va corretto.Le tecnologie e gli strumenti digitali sono una fantastica scoperta e hanno migliorato le nostre vite. Ma le enormi potenzialità di questi sistemi non possono trasformare le nostre vite in una rappresentazione concreta e reale di una puntata di Black Mirror. Come invertire la tendenza? Non è semplice, non basta un generico richiamo al “riposo digitale”.

Il ritorno in ufficio solo preparati

Sicuramente un momento importante per riportare il criceto digitale alle sembianze umane è quello del ritorno al lavoro in presenza, riducendo le ore e il tempo passato in smart working (nella versione casalinga di questi mesi). Può sembrare paradossale invocare questo ritorno in ufficio proprio ora che stanno ripartendo in maniera massiccia le zone rosse e le misure di distanziamento sociale, ma no lo è: dobbiamo prepararci per tempo a gestire quello che verrà dopo, quel momento che tanti chiamano con una brutta etichetta new normal.

Quando tutto sarà finito, bisognerà resistere alla tentazione di idolatrare lo smart working come strumento buono a prescindere; bisognerà sfuggire alla tentazione di trasformare i luoghi di lavoro in posti di passaggio dove si va ogni tanto poggiandosi sula prima scrivania che capita, senza incontrare nessuno (o quasi), spostando dentro le mura domestiche gran parte del tempo lavorativo.

Una giusta dose di lavoro agile potrà migliorare la vita lavorativa delle persone, ma solo se resterà un accessorio rispetto all’interazione sociale e umana, garantita dalla presenza fisica in ufficio: se invece lo smart working diventerà il centro del lavoro, il criceto digitale si impadronirà per sempre di noi.

Immagine copertina di Parker Byrd on Unsplash

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