In un’azienda di Forlì spogliatoi separati per cristiani e musulmani: «Lo hanno chiesto gli operai»

Ma l’imprenditore si difende sostenendo che è stato fatto esclusivamente per motivi religiosi, per consentire ai musulmani di pregare in massima tranquillità. Ma chi ha denunciato la vicenda non ci crede ed è sul piede di guerra

In un’azienda di Forlì gli spogliatoi per i dipendenti sono stati divisi tra cristiani e musulmani. Una storia a tratti surreale emersa quasi per caso da una telefonata che un sindacalista ha fatto all’imprenditore della ditta di vernici nella quale è in corso una vertenza. Al Corriere della Sera, è lo stesso sindacalista Cristian Pancisi a ricostruire: «Sono rimasto scioccato quando l’imprenditore mi ha messo al corrente che, nella sua azienda, ci sono spogliatoi separati: per lavoratori bianchi e lavoratori neri. Mi aveva detto proprio così. “Sarò pure considerato razzista ma nella mia azienda funziona in questo modo”».


Cosa è successo

Nell’azienda lavorano 20 persone di cui la metà italiani. Un giorno un dipendente sarebbe andato a pregare in moschea e, al ritorno, sarebbe risultato positivo al Coronavirus contagiando altri colleghi (senza aver mai comunicato che era in attesa del test a seguito del contatto con un positivo). A quel punto l’imprenditore ha deciso di sospendere il lavoratore e così è nata la vertenza. Ma il nocciolo della questione è un altro: come mai due spogliatoi separati? Secondo il titolare dell’azienda, Claudio Conficoni, si tratta di una decisione presa dai suoi dipendenti. «Tra di loro ci sono dei musulmani che hanno il bisogno di pregare. Durante l’orario di lavoro hanno il permesso di farlo nello spogliatoio. Gli altri hanno detto: “ma non è che per andare a fare la pipì devo vedere loro che pregano”. Così, di comune accordo, hanno deciso. Tutto qui. E comunque gli spazi sono in comune, docce, bagno. Sono solamente separati da due porte».


Il sindacalista: «Inaccettabile»

Una soluzione che il sindacalista definisce «inaccettabile» ma sul quale l’ispettorato del lavoro avrebbe già indagato, a settembre, raccogliendo le testimonianze dei lavoratori e, a quanto pare, senza intervenire. «Hanno capito che era un accordo tra di loro e che il motivo era lasciare uno spazio di preghiera ad alcuni. I miei dipendenti da ieri sono arrabbiati, gli albanesi soprattutto. Commentano: “ma come è uscita fuori questa sciocchezza dello spogliatoio?” Il sindacato si rende conto che il danno d’immagine alla mia azienda colpisce pure i lavoratori?», ha concluso l’imprenditore.

Foto in copertina da Freepik

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