Usa, un giudice rimuove Xiaomi dalla blacklist introdotta da Trump: «La sicurezza nazionale non è a rischio»

A metà gennaio l’ex presidente americano aveva inserito la società produttrice di cellulari sulla lista nera perché sospettata di essere di proprietà dell’esercito cinese

Buone notizie per Xiaomi, la società cinese produttrice di smartphone tra le più grandi al mondo. Un giudice del distretto di Columbia, Rudolph Contreras, ha deciso di rimuovere l’azienda cinese da una blacklist sulla quale era stata inserita dall’amministrazione di Donald Trump pochi giorni prima che l’ex presidente lasciasse la Casa Bianca. La decisione è stata presa in attesa di una sentenza di merito del tribunale perché, secondo il giudice, i dicasteri americani per la Difesa e il Tesoro che l’avevano inserito nella lista «non hanno dimostrato che gli interessi di sicurezza nazionale in gioco in questo caso fossero imperativi». La sentenza è arrivata lo stesso giorno in cui gli Usa hanno inserito Huawei e ZTE nell’elenco dei produttori cinesi di apparecchiature per telecomunicazioni considerati una minaccia per la sicurezza nazionale.


La decisione di Trump

Secondo l’amministrazione Trump invece Xiaomi rappresentava un rischio in quanto – secondo la tesi dei funzionari americani – era di proprietà dell’esercito cinese. Per questo motivo era stata inserita insieme ad altre otto aziende – tra cui la compagnia aerea di proprietà statale Comac (Commercial Aircraft Corporation of China), un’alternativa a Boeing e Airbus – in una blacklist che prevede sanzioni economiche, tra cui il divieto per gli investitori americani di acquistare le sue azioni. Un brutto colpo per l’azienda fondata nel 2010 e che, grazie soprattutto alla domanda interna alla Cina, nel giro di dieci anni era diventata il terzo produttore di smartphone al mondo, superando persino Apple.


«Siamo quotati in borsa e gestiti in modo indipendente»

Come era accaduto a gennaio l’azienda ha nuovamente respinto le accuse. «Ribadiamo ancora una volta di essere una società ampiamente controllata, quotata in borsa e gestita in modo indipendente che offre prodotti di elettronica di consumo esclusivamente per uso e civile e commerciale – è il commento dopo la sentenza del giudice -. Riteniamo che la decisione di designarla come una azienda militare comunista cinese sia arbitraria e irragionevole, e la Corte è dello stesso parere. Ad ogni modo, Xiaomi ha intenzione di proseguire chiedendo l’illegittimità della designazione e la sua revoca permanente».

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