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Sigrid Kaag, la ministra olandese sposata con un palestinese che ha sconfitto le destre populiste: «Io trattata da straniera nel mio Paese»

18 Marzo 2021 - 20:09 Federico Bosco
Rutte ha vinto, ma l’affermazione dei liberal-democratici di Sigrid Kaag modifica gli equilibri della politica olandese

I risultati delle elezioni olandesi confermano la maggioranza del governo uscente, Mark Rutte sarà ancora il premier olandese. La novità è che il secondo partito della camera bassa non è più l’estrema destra di Geert Wilders, ma il D66 (Democraten 66) di Sigrid Kaag, partito social-liberale con una visione molto più europeista rispetto agli standard del numero uno dei Paesi frugali. I sondaggi quotavano il D66 a non più di 19 dei 150 seggi del parlamento, invece è proiettato verso 23-24 seggi.

Il grande sconfitto è Wilders, un alleato di Matteo Salvini che dopo la debacle alle elezioni europee perde posizioni anche in patria. Tuttavia, l’estrema destra populista non è sparita, ha solo trovato nuova rappresentanza nel FvD di Thierry Baudet, alleato di Giorgia Meloni, che passa da 2 a 8 seggi. Lo sconfitto della maggioranza di governo invece è Wopke Hoekstra, leader della CDA che da Ministro delle Finanze ha cercato di guadagnare posizioni affermando una linea più rigorista di Rutte. Adesso dovrà fare un passo indietro. 

Sigrid Kaag, la sorpresa di queste elezioni

La grande sorpresa è l’ascesa del D66 di Sigrid Kaag, 59 anni, ministra del commercio estero e della cooperazione allo sviluppo, una leader che ora potrebbe avere un forte impatto sul modo in cui gli olandesi guardano all’Unione europea. La campagna elettorale è stata dominata da questioni interne, tra i partiti principali solo Kaag chiedeva più attenzione all’Ue – l’EUlefante nella stanza. Inoltre, a differenza di Rutte e degli altri partner di coalizione a volte accusati di troppa leggerezza nei confronti dell’estrema destra, nei dibattiti televisivi Kaag ha costantemente incalzato le posizioni anti-Islam e anti-immigrati di Wilders e Baudet. Una caratteristica che non sorprende, vista la storia professionale e personale della leader del D66.

Figlia di un pianista, Kaag ha da sempre una visione internazionale e cosmopolita. Dopo aver iniziato a studiare arabo all’Università di Utrecht, si trasferisce all’American University del Cairo dove si laurea in studi mediorientali. Dal 1990 al 1993 lavora come funzionaria per il ministero degli esteri olandese, poi per la Royal Dutch Shell a Londra. Dal 1994 entra nelle Nazioni Unite, dove resterà fino al 2017 quando sceglie la politica. 

Da funzionaria Onu si occupa di Nord Africa e Medio Oriente. Nel 2013 e 2014 guida la missione che ha portato alla distruzione delle armi chimiche in Siria, ottenendo il ringraziamento personale dell’allora presidente USA Barack Obama. Nel 2017 lascia l’Onu per entrare a far parte del governo Rutte come ministra del commercio estero e della cooperazione allo sviluppo, carica che ricopre tutt’ora. A settembre 2020 diventa leader del D66 con l’ambizione di diventare la prima premier donna dei Paesi Bassi, e conduce la campagna elettorale che porta il D66 al successo di mercoledì.

Kaag è sposata con un arabo, Anis al-Qaq, ex ambasciatore palestinese e politico di Fatah. La coppia ha quattro figli e figlie arabo-olandesi. Nei suoi interventi ha condannato con forza le diverse forme di razzismo presenti nella società olandese, e non ha mai avuto paura di raccontare come una virtù il cosmopolitismo messo alla berlina dall’estrema destra del Paese. Una volta Kaag ha detto: «A volte, a causa della mia carriera e del mio matrimonio, vengo trattata come una straniera nel mio Paese». 

Con un profilo del genere, per gli estremisti di destra olandesi Kaag è un nemico assoluto da criticare, attaccare e insultare a ogni respiro, un po’ come veniva fatto con Laura Boldrini, ma elevato all’ennesima potenza. A differenza di Boldrini però, Kaag è leader del secondo partito del Paese e ha dimostrato nelle urne che contro il populismo di destra si può vincere. Per i suoi sostenitori, il successo del D66 è la prova che sostenere le cause che si ritengono giuste e affrontare a viso aperto alcune verità scomode non è un percorso verso il fallimento in politica, o almeno, non lo è nei Paesi Bassi.

L’Europa secondo il D66

A livello di Ue, il partito di Kaag ha una visione più euro-federalista, aperta all’idea di istituire un ministro delle finanze dell’eurozona che gestisce un bilancio comune, ma finanziato con tasse dell’Ue. Il programma del D66 rivela anche un approccio più morbido sull’immigrazione, con il partito che sostiene corridoi umanitari per i rifugiati e percorsi d’ingresso per i migranti economici, considerati necessari per alcuni settori dell’economia olandese. 

L’europeismo del D66 differisce dal VVD e dal CDA in altre aree: è a favore di un esercito europeo, vuole rafforzare il ruolo del Parlamento europeo e chiede una maggiore coesione in politica estera. Probabilmente è proprio su questo che troverà maggior sintonia con Rutte, che non si farà sfuggire l’occasione di dare spazio ai rapporti di Kaag con la nuova amministrazione statunitense di Joe Biden, piena di ex-funzionari dell’amministrazione Obama.

Il VVD di Rutte infatti vuole che l’Ue funga da contrappeso a Cina e Russia, mentre il CDA ha chiesto un consiglio di sicurezza europeo. Adesso l’Ue e le Capitali restano a guardare cosa succede all’Aia, chiedendosi se i nuovi rapporti di forza della coalizione olandese significano che Rutte abbandonerà il rigore da frugale-anseatico che ha distinto gli ultimi quattro anni del suo mandato. Soprattutto a Roma però, non è il caso di sognare troppo e farsi strane idee, il prossimo governo di Rutte sarà forse meno “frugale” ma ancora molto olandese, contrario al debito allegro, finanziato dai surplus nordici e, soprattutto, privo di vincoli e impegni stringenti. 

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