L’Erasmus «diventi obbligatorio», ha proposto, nei giorni scorsi, il neo segretario del Partito Democratico, Enrico Letta. Ma siamo sicuri che l’obbligatorietà del programma Erasmus, ovvero il poter proseguire una parte del proprio percorso di studi nelle università estere, sia prioritario per i giovani italiani? Non sembra essere questa la linea auspicata dagli studenti e dalle associazioni che si occupano del settore. «Rendere obbligatorio l’Erasmus non è il punto fondamentale», ci dice Rebecca Pantani, studentessa all’ultimo anno di scienze Politiche alla Luiss Guido Carli di Roma, presidente dell’associazione Asp, che si occupa di attività culturali all’interno della facoltà volte ad approfondire le conoscenze degli studenti sui temi contemporanei attinenti al panorama italiano ed estero.
Primo problema: «I programmi di studi non sono allineati in Ue. Si rischia di non avere riconosciuti gli esami fatti»
Rebecca mette alla luce una questione sull’internazionalizzazione delle università: «Prima di tutto molti studenti preferiscono non partire perché i programmi di studi spesso non sono allineati a livello europeo. Noi studenti rischiamo, quindi, di avere il riconoscimento solo di pochi esami». Sicuramente la questione riguarda anche i tipi di facoltà. Per esempio, chi studia Medicina, facoltà che richiede il tirocinio obbligatorio nelle strutture ospedaliere per arrivare alla laurea, non ritiene fondamentale fare un percorso universitario all’estero che rischia, anche, di bloccare la carriera in Italia. Proprio per questo la presidente di Asp, che ha sempre avuto un giudizio positivo sugli interscambi, dice di andarci con “i piedi di piombo” per quel che riguarda l’obbligatorietà del progetto Erasmus.
Secondo problema: «Il tema è la fuga dei cervelli. Erasmus sì, ma mettiamo in condizione gli studenti di tornare in Italia»
Anche Gabriele Ferrieri, 28 anni, economista, giovane imprenditore e presidente di ANGI – Associazione Nazionale Giovani Innovatori – recentemente inserito nella classifica Forbes 100 under 30 come uno dei giovani più influenti d’Italia, ci racconta la sua visione in merito alla proposta di Enrico Letta: «Proprio perché ho avuto modo di fare l’Erasmus, posso dire che l’esperienza è stata molto positiva ma credo che, prima di tutto, vada inserita in un contesto didattico innovativo, aprendo la possibilità di accesso all’auto-imprenditorialità». Per Ferrieri, questo, è l’unico modo per rendere «l’esperienza fatta con l’Erasmus un percorso vero per l’accesso al lavoro». Il presidente di Angi dice quindi sì all’esperienza di studi all’estero ma sottolinea: «Non è prioritaria l’obbligatorietà».
Gabriele denuncia altri aspetti da migliorare come «l’armonizzazione dei programmi nei diversi Paesi» e crede sia fondamentale rivedere il sistema universitario italiano: «Serve una riforma dell’università pensando a percorsi per i giovani che, dopo l’esperienza all’estero, siano invogliati a tornare in Italia». Insomma, quel che dice il presidente di Angi è fare attenzione alla cosiddetta “fuga dei cervelli”: «Credo che sia importante, oggi, mettere in condizione gli studenti di esprimere il loro talento anche qui in Italia, altrimenti dall’estero si rischia di non tornare più».
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