Caso camici, nuovi guai per Attilio Fontana: è indagato anche per autoriciclaggio e false dichiarazioni

Il presidente della Regione Lombardia è già indagato per frode in pubbliche forniture, ora la Procura di Milano ipotizza altri due reati

Attilio Fontana ancora una volta al centro del ciclone per il caso “camici”. Due nuovi reati sono stati ipotizzati dalla Procura di Milano nei confronti del presidente di Regione Lombardia, già indagato per frode in pubbliche forniture. Il governatore ora risulta iscritto anche per autoriciclaggio e false dichiarazioni nella parte dell’indagine relativa ai 5,3 milioni di euro depositati su un conto svizzero, a suo dire frutto di una eredità, ma sul quale è stata avviata una rogatoria. La richiesta giudiziaria da parte della Procura si è resa necessaria in merito a dei flussi non chiari e alla mancanza di documenti necessari per spiegare le movimentazioni. Il procuratore Francesco Greco ha fatto sapere che la difesa del governatore Fontana «si è resa disponibile a fornire ogni chiarimento anche con produzione di documenti o presentazione spontanea dell’assistito».


L’indagine della procura

Il caso riguarda la fornitura di 75 mila camici e dispositivi di sicurezza anti Covid affidati da Aria Spa al cognato del presidente Fontana Andrea Dini. Quando tv e giornali hanno cominciato a trattare la questione di un eventuale conflitto di interessi, la vendita è stata improvvisamente stoppata e trasformata in donazione, con circa 25 mila camici mai più arrivati in Regione. Ora le indagini si concentrano sui 5 milioni di euro che Fontana avrebbe dichiarato come eredità: 3 milioni risulterebbero effettivamente risparmi della madre mentre nulla si sa degli altri 2 milioni.


I 2 milioni di euro sotto la lente

È proprio su questi 2 milioni che gli investigatori stanno cercando di fare chiarezza. Dall’altra parte neanche la Svizzera ha chiarito come mai un patrimonio creato in maniera legale andasse scudato con due trust alle Bahamas, di cui lo stesso Fontana era il beneficiario. Sospetta è anche la voluntary disclosure a cui il presidente avrebbe fatto ricorso, e cioè la “collaborazione volontaria”, uno strumento che consente ai contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all’estero di regolarizzare la propria posizione. La Procura di Milano ha inviato proprio nella giornata di oggi alle autorità svizzere una rogatoria «per completare la documentazione allegata alla domanda di voluntary disclosure» presentata dal presidente. L’obiettivo è quello di «approfondire alcuni movimenti finanziari». A questo proposito la difesa di Fontana ha fatto sapere della volontà del presidente «di non lasciare alcuna ombra alcuna sulla procedura di voluntary».

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