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No, nessuno ha realizzato un vaccino universale contro i Coronavirus. Ma in futuro può succedere

21 Aprile 2021 - 15:31 Juanne Pili
Lo studio americano riguarda una piattaforma innovativa per la produzione di vaccini a basso costo

In diverse testate abbiamo letto di un «nuovo vaccino anti coronavirus universale» che «può proteggere anche da varianti e future pandemie». Curioso che non abbia avuto la giusta eco nella comunità scientifica. Infatti non è stato realizzato alcun vaccino universale. Esiste effettivamente uno studio molto interessante dei ricercatori dell’Università statale della Virginia (UVA), apparso sulla prestigiosa rivista PNAS, organo dell’Accademia americana delle scienze.

La ricerca riguarda una piattaforma per lo sviluppo di vaccini, basata su plasmidi e batteri, che potrebbe aiutare nello sviluppo di futuri vaccini contro il nuovo Coronavirus, il loro adattamento alle varianti Covid e altri membri della sua famiglia.

Per chi ha fretta:

  • Lo studio condotto dai ricercatori della Virginia non ha sperimentato alcun vaccino universale anti-Covid;
  • La tecnologia utilizzata è tuttavia un’ottima candidata per lo sviluppo di futuri vaccini contro i Coronavirus;
  • Il fine dei ricercatori era soprattutto quello di testare la validità del metodo di produzione, che offre diversi vantaggi, come il costo notevolmente ridotto.

Analisi

L’equivoco non dipende dai soliti giornalisti pasticcioni, bensì dallo stesso comunicato dell’Università americana. Questo perché si dà per scontato che tutti capiscano la differenza tra il fine ultimo che i ricercatori auspicano di raggiungere in futuro (lo sviluppo di un vaccino universale contro i Coronavirus) e cosa hanno fatto loro esattamente nella ricerca. Riportiamo i primi due passaggi del comunicato universitario (il grassetto è nostro):

«Un vaccino COVID-19 che potrebbe fornire protezione contro ceppi esistenti e futuri [del nuovo Coronavirus] e altri coronavirus e che costa circa [un dollaro] a dose ha mostrato risultati promettenti nei primi test sugli animali». Spiega l’autore del comunicato nell’introduzione.

«I vaccini creati da Steven L. Zeichner, MD, PhD e Xiang-Jin Meng, MD, PhD di UVA Health, hanno impedito ai suini di ammalarsi di un coronavirus del modello suino – continua l’articolo nel paragrafo successivo – il virus della diarrea epidemica suina (PEDV). Il vaccino è stato sviluppato utilizzando un approccio innovativo che, secondo Zeichner, potrebbe un giorno aprire la porta a un vaccino universale per i coronavirus, inclusi i coronavirus che in precedenza minacciavano pandemie o forse anche i coronavirus che causano alcuni casi di comune raffreddore».

L’ambito della ricerca in generale è quello di trovare un vaccino universale anti-Coronavirus. Nel particolare i ricercatori citati si sono occupati di un Coronavirus che colpisce i suini causando la PEDV. L’approccio utilizzato per vaccinare i maiali è lo stesso che si pensa di applicare in futuro per raggiungere il fine ultimo. La differenza è apparentemente sottile, quanto sostanziale.

Quindi il titolo giusto per trasmettere questa pur interessante ricerca potrebbe essere «Forse un giorno avremo un vaccino universale contro i coronavirus». 

Lo studio in sintesi

Il team di ricerca virginiano di Zeichner e Jin Meng hanno utilizzato una piattaforma innovativa per lo sviluppo degli antigeni virali Spike (S), ovvero quelle proteine utilizzate dai virus per infettare le cellule, le quali a loro volta sono prese di mira dal Sistema immunitario per riconoscerli e neutralizzarli.

È stato così espresso il peptide di fusione (FP), ovvero una porzione dell’antigene che troviamo sia in quello di SARS-CoV-2 che nel Coronavirus della PEDV che colpisce i suini (ci scusiamo per l’eccessiva semplificazione). Per farlo i ricercatori hanno ingegnerizzato dei batteri Escherichia coli, inserendo loro un piccolo cerchio chiamato plasmide costituito da una porzione di DNA con le informazioni per produrre FP. Ci scusiamo per l’eccessiva semplificazione e suggeriamo per gli amanti dei dettagli un ottimo articolo di Enrico Tornatore su Microbiologia Italia

«Dimostriamo l’utilità di questa piattaforma vaccinale esprimendo il peptide di fusione (FP) […] sulla superficie di Escherichia coli per produrre vaccini batterici a cellule intere uccisi – continuano i ricercatori – Il vaccino […] fornisce una protezione significativa nei suini contro le malattie a seguito dell’infezione virale. Il FP potrebbe essere un obiettivo per un vaccino contro il coronavirus ampiamente protettivo poiché un vaccino beta-coronavirus SARS-CoV-2 FP ha fornito una protezione incrociata contro il virus della diarrea epidemica suina […] utilizzando un vettore batterico appropriato come vaccino, questa piattaforma di vaccini economica offre il potenziale per l’uso nei paesi in via di sviluppo».

Limiti dello studio

Lo scopo principale, come spiegato poi nell’Abstract (sunto dello studio) è quello di sperimentare una tecnologia economica per lo sviluppo di vaccini a costi notevolmente ridotti, in modo da permettere anche ai paesi in via di sviluppo l’attuazione di ampi piani vaccinali. I ricercatori hanno così realizzato con successo due vaccini. Tuttavia nei suini oggetto dell’esperimento non è stata riscontrata alcuna «immunità sterilizzante», anche se i maiali non sviluppavano i sintomi della malattia.

Questo è un problema che riguarda in parte anche i vaccini anti-Covid, come avevamo spiegato in un articolo precedente. In sostanza, sappiamo che questi vaccini di nuova generazione proteggono dalla malattia, specialmente da sintomi gravi e mortali, ma non abbiamo sufficienti studi per attestarne l’immunità sterilizzante, ovvero la capacità di bloccare la trasmissione del virus. 

Teoricamente è possibile che l’utilizzo di E. coli provochi a sua volta una risposta immunitaria, tale da danneggiare il microbiota intestinale. Nei maiali – così come in studi clinici e preclinici precedenti – non si sono visti particolari eventi avversi. Tuttavia si tratta di un problema di cui tener conto in un eventuale passaggio alle fasi cliniche di sperimentazione, ovvero quelle che coinvolgono volontari umani.

Conclusioni

È plausibile che in futuro per far fronte a nuove pandemie dovute alle zoonosi, si arrivi allo sviluppo di piattaforme per lo sviluppo di vaccini in grado di contrastare i Coronavirus e altri patogeni che riusciranno a fare il salto di specie dagli animali alle persone. Occorre quindi distinguere con attenzione cosa una ricerca ha effettivamente accertato, dal filone più ampio a cui appartiene. Realizzare una ruota non significa aver inventato l’automobile, ma può essere un primo passo necessario nel raggiungere quel fine.

Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English).

Foto di copertina: Università statale della Virginia (UVA) | Steven L. Zeichner, MD, PhD, is working on potential COVID-19 vaccines in his lab.

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