In Evidenza ENISiriaUSA
ECONOMIA & LAVOROCoronavirusLockdownRistorantiSanità

La traversata nel deserto dei ristoranti, i dati del crollo con la pandemia: ma c’è chi si è salvato con dark kitchen e delivery (in proprio) – Il report

13 Maggio 2021 - 07:52 Giulia Marchina
Sono 22.692 le imprese del settore che hanno chiuso i battenti, contro le 9.207 avviate nell'ultimo anno, il dato più basso degli ultimi 10 anni

Ristoranti che si trasformano in dark kitchen, cucine che diventano “ghost“, aziende di ristorazione che fondano proprie compagnie di rider. L’arte di arrangiarsi, o meglio, di far fronte alla pandemia da Coronavirus ha cambiato il modo di approcciarsi di molti nel settore della ristorazione. Tra gli effetti collaterali che la pandemia continua a trascinare con sé, ci sono quelli legati agli incassi. Nel 2020 il settore ha perso circa il 40% del volume di fatturato registrato nel 2019. Un dato in contrapposizione al fatturato della spesa alimentare fuori casa, che ha fatto registrare 86 miliardi di euro. Una cifra record. I numeri arrivano dal rapporto dell’Osservatorio Ristorazione che coinvolge studi di Istat, Censis e di varie associazioni di categoria.

Tra i numeri che colpiscono di più, quelli relativi alle attività registrate: nel 2020 sono 397.700 di cui 340.564 attive. Inoltre sono 22.692 le imprese del settore che hanno chiuso i battenti, contro le 9.207 avviate nell’ultimo anno, il dato più basso degli ultimi 10 anni. Le città che hanno perso più attività sono Roma (-1.518), Milano (-722) e Torino (-549), ma quella che ha registrato l’incremento maggiore di locali scomparsi rispetto all’anno precedente è Firenze, con un +87% sul 2019.

Osservatorio Ristorazione 2021 / Ristoratore top | Il saldo tra iscrizioni e cessazioni delle attività della ristorazione tra il 2010 e il 2020

Delivery e take away: guida alla sopravvivenza

Nei primi mesi del 2020, in particolare all’inizio dell’emergenza sanitaria, la maggior parte dei ristoratori ha dovuto puntare a metodi alternativi per portare la cucina fuori dai propri locali. Le uniche forme di fatturato possibile sono state il delivery e il take away, con il conseguente proliferare di dark, grey, ghost e cloud kitchen, cioè cucine non aperte al pubblico. Su un campione di 476 ristoratori, il 77% di loro ha deciso di intraprendere la strada del delivery e dell’asporto, mentre il resto degli intervistati ha preferito lasciare chiusi i battenti.

Osservatorio Ristorazione 2021 / Ristoratore top | Le esperienze dei ristoratori con il delivery durante la pandemia

C’è chi poi si è messo in proprio su tutta la linea, come il 43% degli intervistati che ha dichiarato di fare delivery con una propria flotta di rider. Il 3% si affida a piattaforme esterne, mentre il 9% utilizza entrambe le modalità. Il restante 45% è costituito da indecisi. Durante i mesi di chiusura, infine, il 27% dei ristoratori ha creato in periodo di pandemia una dark kitchen oppure un brand virtuale, anche impiegato nella produzione di cibi differenti da quelli prodotti abitualmente. Il 10% degli intervistati ha affermato di voler mantenere il delivery o la dark kitchen anche dopo le riaperture a pieno regime.

Il commento

«Il delivery e le dark kitchen affiancheranno ma non rimpiazzeranno la ristorazione tradizionale – spiega Lorenzo Ferrari, fondatore dell’Osservatorio Ristorazione – dato che il futuro della ristorazione sono i ristoranti: l’esperienza vissuta in presenza, nel locale, è insostituibile. La pandemia ha marcato più in profondità la differenza tra il mondo della consegna a domicilio e quello del sit-in e, contestualmente, ha contribuito a velocizzare il processo di sgretolamento della middle class nel mondo occidentale, vedendo aumentare il divario di potere d’acquisto tra la fetta più ricca e quella più povera di popolazione. Questo avrà nei prossimi mesi forti impatti anche rispetto alla ristorazione».

Cucina e innovazione tecnologica

Cotture sotto vuoto e a basse temperature, introduzione di prodotti semi-pronti o semi-lavorati da centri di cottura e laboratori esterni oppure dei forni elettrici per ultimare la cottura o mantenere la temperatura durante il trasporto. Sono solo alcune delle innovazioni tecnologiche che sono state introdotte, su larga scala, durante l’emergenza sanitaria. A queste si aggiungono menu digitali, sistemi di prenotazione online, self-ordering, chiamata del personale di sala a distanza con appositi dispositivi, nuove applicazioni per gestire turni del personale, fatturazione e rapporti con i fornitori, pagamenti cashless al tavolo e in cassa. 

Le storie

Ovidiu Gabriel gestisce una trattoria in provincia di Bergamo, specializzata in cucina tipica bergamasca. Come raccontano dall’Osservatorio, grazie al delivery è riuscito a registrare praticamente lo stesso fatturato del 2019 migliaio di euro in più, migliaio in meno. Un altro esempio di chi si è convertito a nuovi modi di fare cucina è quello di Gabrio Tessarin, imprenditore del settore di Adria (Rovigo) che ha puntato tutto sul delivery: con la sua pizzeria ha chiuso l’anno in positivo: +20% sul fatturato 2019 e ha assunto 5 nuovi rider, raddoppiando così la flotta. Roberto Villa, ad Aosta, ha aumentato il fatturato del 2019 del +96%.

E poi c’è chi ha trasformato la sua cucina in dark kitchen, avviando brand solamente virtuali: Stefano Cisco, titolare di diverse attività nel vicentino, ha comunque fatto nel 2020 il 28% del fatturato del 2019 con il delivery in una delle sue pizzerie, aggiungendo un ulteriore 10% raggiunto con un marchio virtuale di burrito, oppure Kyrylo Yakushev, che ad Avezzano (L’Aquila) ha aggiunto alla sua pizzeria gourmet dotata di delivery un brand di hamburger in modalità dark, attraverso il quale ha fatturato il 30% del 2019.

Leggi anche:

Articoli di ECONOMIA & LAVORO più letti