«Ho passato il Concorso per il Sud, ma temo che rinuncerò». Il caso di un analista informatico – L’intervista

Altro che 821 “assunti”. Il Concorso per il Sud rischia di fare flop per la terza volta. Alcuni degli idonei – come confidato a Open – stanno pensando di rifiutare l’offerta. Ecco cosa sta succedendo e perché diranno no a 1.400 euro al mese per lavorare nella pubblica amministrazione

Il Concorso per il Sud «è partito male e finirà malissimo». Ne è convinto Andrea, 43 anni, uno degli 821 “assunti” che – ci confida – potrebbe non accettare l’incarico. Come lui almeno il «40 per cento degli idonei» della sua stessa classe di concorso: tutti analisti informatici, con «un’età media di 40 anni». Questo significa che i tecnici del Sud potrebbero essere anche meno degli 821 (a fronte di 2.800 profili ricercati, insomma un vero e proprio flop, ndr), visto che qualcuno potrebbe dire di no al contratto a tempo determinato nella pubblica amministrazione per la gestione dei fondi di coesione. Il motivo? In molti non sarebbero disposti a trasferirsi altrove, a lasciare la propria città, la propria famiglia e il proprio lavoro, per un contratto a tempo determinato con uno stipendio di 1.400 euro al mese e con nessuna prospettiva certa di inserimento nella pubblica amministrazione. «Degli analisti informatici 1 su 2 forse accetterà l’incarico», ci spiega Andrea. Altro che 821 assunti, rischiano di essere molti meno.


Il caso dell’ingegnere che ha passato il Concorso per il Sud: perché potrebbe rinunciare al posto

La verità – ci spiega Andrea, che ha una laurea e un dottorato di ricerca ma anche una famiglia alle spalle – è che molti di noi «guadagnano già più di 1.400 euro al mese». Un analista informatico (nel Concorso per il Sud i posti messi al bando erano 124 posti, coperti solo 112, ndr) prende «almeno 2.000 euro». Quindi lo stipendio offerto dal Concorso per il Sud «non attrae professionisti, non fa gola a chi ha già esperienza». Lui, ad esempio, ha un indeterminato full time: perché dovrebbe lasciare per un contratto di pochi anni, per uno stipendio più basso e senza prospettive future? «Io, in realtà, lo farei pure a patto, però, di restare nella mia città. Questo lo scoprirò quando usciranno le graduatorie definitive, ovvero quando sommeranno i risultati della prova scritta con la valutazione di titoli ed esperienza. Non posso permettermi di finire in Puglia – continua, lui che abita in una città in Sicilia – con un contratto a tempo determinato e con uno stipendio più basso di quello attuale».


«Ci sentiamo mortificati»

Da qui lo sfogo: «È un fallimento, ci sentiamo umiliati come umiliati, mortificati. E poi, se dopo 3 anni, la pubblica amministrazione non ha più bisogno di me, io che faccio? Vado a spasso? A 46 anni poi cercherò un altro lavoro? Quello che chiediamo è semplicemente uno stipendio congruo e soprattutto una prospettiva certa di crescere nella pubblica amministrazione». Andrea, tra l’altro, è uno dei “ripescati”, uno di quelli che nella prima tornata non è riuscito ad accedere al concorso ma che poi è stato riammesso (con altri 70mila candidati, anche se poi effettivamente se ne sono presentati molti meno). «Siamo tutti molto grandi, sopra i 40 anni, già lavoriamo. Per questo sarebbe stato meglio aprire questo concorso ai neolaureati, evitando la preselettiva per titoli ed esperienze» che, di fatto, li ha esclusi, come denunciato più volte da Open. Scoraggiati alla partenza.

I ricorsi al Tar

Ma una domanda sorge spontanea: perché allora professionisti di 40 anni hanno scelto di partecipare al concorso, consapevoli dello stipendio medio-basso e di un contratto precario? «Mi sono detto “proviamo”, era la prima volta per me. Ho studiato appena due giorni, per il resto ho usato le informazioni apprese negli anni e sono passato. Ma questa non è la rivoluzione di cui ha bisogno l’Italia. È davvero un’occasione persa», continua Andrea. Infine si aggiunga che, «almeno io, sono stato convocato 3 giorni prima della prova e sono stato mandato in una città diversa dalla mia a sostenere l’esame. In una fiera, in Sicilia, senza aria condizionata con 43 gradi fuori». Un incubo più che un’opportunità di lavoro.

A confermare questa circostanza a Open è anche l’avvocato Francesco Leone che nei prossimi giorni presenterà ricorso al Tar del Lazio per tutti gli “esclusi” alla prima tornata che, ripescati in un secondo momento, non hanno potuto partecipare alla prova scritta perché «avvisati 4-5 giorni prima»: «C’è chi non ha avuto il tempo di studiare, e dunque non si è presentato, ma anche chi non ha fatto in tempo ad organizzarsi logisticamente o a prendere un giorno di riposo da lavoro per partecipare alla prova e, dunque, ha dovuto rinunciarvi. Non è giusto, chiederemo una nuova prova. Ma, attenzione, non vogliamo inficiare il concorso, anzi vogliamo salvarlo, visto che molti dei posti sono rimasti vacanti. Il ministro Brunetta dovrebbe piuttosto ringraziarci». Già partiti, invece, come scrive La Stampa, i ricorsi al Tar presentati dai candidati che non hanno gradito il ripescaggio in corso d’opera di 70 mila potenziali rivali.

Foto in copertina da PIXABAY

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