Obbligo vaccinale, la Costituzione lo prevede ma la sanità si spacca: i medici dicono sì, critici gli infermieri

«I 118 non hanno più personale e il governo parla di sospensione degli infermieri dal lavoro?» tuona il sindacato di categoria. Intanto dai costituzionalisti nessun dubbio: «Non c’è alcuna violazione della Carta»

Con il 40% di italiani totalmente vaccinati contro Covid-19, e una variante Delta più agguerrita che mai, la necessità è quella di raggiungere nel minor tempo possibile la copertura totale della popolazione. Così la questione dell’obbligo vaccinale torna a farsi urgente, nello scenario complesso di una Commissione Ue che lascia iniziativa ai singoli Stati e curve epidemiologiche sempre meno rassicuranti. La Francia fa da apripista, disegnando un futuro a misura di vaccinati: non solo obbligo vaccinale ai sanitari ma green pass necessario per chiunque voglia entrare in bar e ristoranti. Una soluzione quest’ultima a cui ora anche il governo italiano comincia a pensare, con l’idea di una carta verde “lascia passare” anche per scuole e posti di lavoro. La Germania invece dice no, con Angela Merkel decisa a persuadere i cittadini evitando la strada dell’obbligo. Il dibattito italiano sull’obbligo vaccinale risale allo scorso aprile 2021, quando il Decreto Covid introdusse ufficialmente la misura per tutti gli operatori sanitari. Il decreto in questione è poi diventato legge nel mese di giugno e resterà in vigore fino alla fine dello stato d’emergenza, prevista al momento per la data del 31 dicembre 2021.


Da aprile ad oggi la campagna vaccinale ha compiuto passi importanti, arrivando però a uno snodo cruciale. Con sempre più categorie immunizzate, il peso della fronda scettica si fa sempre più evidente, ponendo forti interrogativi sul da farsi. La domanda a cui il governo tenta di rispondere è come garantirsi l’adesione anche di tutti quegli over 60, operatori sanitari, insegnanti e giovani ancora fuori dalla campagna. La risposta sembra ora dover passare necessariamente per la strada legislativa, alimentando la spaccatura interna alla categoria dei sanitari e il malcontento di insegnanti e personale scolastico. Intanto per il resto della popolazione la questione del green pass sembra più aperta che mai: obbligare l’utilizzo della carta verde per ristoranti e pub significherebbe impedire ai non vaccinati lo svolgimento di attività alla base della socialità moderna. Per non parlare dell’accesso a scuola e in ufficio. Ma tutto questo è giuridicamente possibile? L’obbligo è davvero l’unica arma vincente per una battaglia arrivata ormai a un altro snodo fondamentale?


Il costituzionalista Marini: «Nessuna violazione della Carta»

«L’obbligo vaccinale è costituzionalmente legittimo, su questo non dobbiamo avere dubbi», afferma a Open il costituzionalista Francesco Saverio Marini, professore ordinario di Diritto Pubblico presso l’Università Tor Vergata di Roma e già consulente per le questioni di diritto amministrativo dell’Istituto Superiore di Sanità. «L’idea di obbligo trova fondamento nella Costituzione per il semplice fatto che al principio della libertà di salute, contenuto nell’art. 32 della Carta, viene posto un preciso limite che è quello dell’interesse della collettività. Se la propria libertà di salute oltrepassa l’interesse della comunità si può intervenire con un provvedimento restrittivo» chiarisce Marini. «Per spiegare ancora meglio», continua, «possiamo dire che ci sono due limitazioni imposte dalla Carta rispetto alla libertà di salute: la garanzia di una legge che regoli la materia e il rispetto della persona umana. Quindi a livello costituzionale la vaccinazione obbligatoria è legittima purché siano rispettati questi due aspetti».

Il professore ricorda che l’obbligo vaccinale riferito al virus è stabilito da un decreto legge risalente ad aprile e convertito in legge a giugno, garantendo in questo modo il rispetto di una delle due limitazioni al principio di salute, quello della presenza di un atto legislativo. «Quello che con il Decreto Covid, in vigore fino al 31 dicembre 2021, è stato introdotto è un obbligo di vaccino che tuttavia consente ancora di non sottoporsi alla somministrazione laddove si sia disposti a rinunciare a determinati servizi o attività. Nel caso dei medici l’esercizio del proprio mestiere». Il professore spiega che da qui potrebbe essere fatto un passo ulteriore. «Se l’evoluzione della pandemia e il rifiuto del vaccino dovessero rendere ancora più grave la situazione, il passo in più sarebbe quello di un obbligo che imporrebbe direttamente una sanzione a chiunque rifiuti la somministrazione, togliendo la possibilità di sottrarsi come accade ora». Da qui il dibattito ulteriore tra pro vaccino e no vax sull’altro importante limite posto dalla Costituzione e cioè quello del rispetto della persona umana. Anche in questo caso però il provvedimento del governo sembra non oltraggiare la direttiva. «Chiunque dimostri con certificazioni che il vaccino è in grado di mettere in pericolo la propria salute, perché portatore di alcune fragilità, può sottrarsi all’obbligo» spiega Marini, «dunque anche in questo caso possiamo tranquillamente dire che il provvedimento del governo si mostra conforme alla Costituzione e aggiungerei più che condivisibile».

«Per gli insegnanti vale il principio dell’interesse della collettività»

L’idea di estendere l’obbligo vaccinale anche ad altre categorie di popolazione, come quella degli insegnanti risulta coerente, secondo quanto spiegato dal professor Marini, con l’obiettivo dell’interesse collettivo. «Quello che dobbiamo tenere presente è il fatto che l’obbligo vaccinale legato alla pandemia è strumentale al principio dell’interesse della collettività. Va da sé che se una specifica categoria di popolazione è quotidianamente più a contatto di altre con un numero elevato di persone, ha più possibilità di essere un pericolo per la comunità in cui vive. Questo legittima il legislatore ad agire nei confronti dello specifico gruppo».

Allargando lo sguardo all’intera popolazione, la soluzione del green pass a cui l’Italia starebbe pensando, sulle orme delle direttive francesi, pone il tema dell’elemento discriminatorio. Chi dice no al vaccino potrà essere escluso da situazioni di socialità o perfino dalla possibilità di istruirsi e lavorare. Un aspetto della questione che il costituzionalista definisce «piuttosto fisiologica». «C’è chi ha avuto la possibilità di vaccinarsi prima in ragione dell’età, della posizione geografica o del suo lavoro», continua, « in questo senso anche la quarantena sarebbe una discriminazione rispetto a chi non ha contratto l’infezione. Ma qui lo scopo, legislativo e non solo, è quello di tutelare la salute collettiva: appare folle penalizzare un soggetto sano e immunizzato per non discriminarlo rispetto a un altro».

La sanità spaccata in due. I medici dicono sì

«Abbiamo sostenuto il provvedimento del governo italiano fin da subito» spiega il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri Filippo Anelli. «E continuiamo a dire che tutti i medici che si dichiarano sfavorevoli al vaccino non possono fare i medici». Una posizione chiara anche sulle conseguenze imposte dal governo per tutti i sanitari scettici e che, come il presidente spiega ad Open, «continua a fare i conti con una pubblica amministrazione in affanno, che con ancora troppa lentezza procede agli adempimenti previsti dalla legge nei confronti dei medici non vaccinati». E poi aggiunge: «Qui si tratta di dare l’esempio. Siamo ancora chiamati a dare segnale di fiducia verso la scienza. Un messaggio da far arrivar forte a tutti quei cittadini che continuano a dire no all’immunizzazione da Covid-19». Ma le ragioni non sono soltanto simboliche. «Nel periodo di pandemia più acuto, abbiamo registrato dai 60 agli 80 medici morti al mese», continua Anelli. «La vaccinazione è stata ed è tuttora il dispositivo salvavita per l’intera categoria».

Gli infermieri si oppongono: «Si rischia sanità da terzo mondo»

«Mi è appena arrivata una denuncia, fatta anche alle autorità competenti, di un 118 situato in una delle più grandi Regioni italiana: non hanno più personale per andare avanti, la carenza di infermieri è diventata gravissima tanto da non essere più in grado di garantire il servizio di emergenza ai cittadini. Ecco spiegate nella pratica le conseguenze che l’obbligo sta avendo nel sistema sanitario italiano». A parlare è il presidente del sindacato nazionale degli infermieri italiani Nursing Up, Antonio De Palma. La posizione è differente da quella espressa dai medici: «Bello fare i confronti con la Francia, ma bisogna guardare la realtà effettiva del nostro Paese: il sistema sanitario di Macron non soffre certo del grandissimo gap sanitario del sistema italiano, in cui a mancare all’appello nei servizi sono circa 90 mila infermieri. Una carenza strutturale enorme».

L’obbligo vaccinale e soprattutto la sospensione degli operatori dal posto di lavoro appare secondo De Palma una decisione di grossa irresponsabilità. «Questa è la ragione per cui non accogliamo con favore la norma che prevede l’obbligatorietà della vaccinazione. In primis perché sappiamo che il numero di operatori sanitari che non si sono vaccinati per scelta corrispondono a una cifra esigua, 45 mila su 2 milioni. E poi per situazioni come quella denunciata prima: di fronte a un 118 che non sa come soccorrere le persone ci permettiamo di togliere organico?». Secondo i numeri riportati dal presidente di Nursing Up, la sospensione dal posto di lavoro degli operatori sanitari «corrisponderebbe ad aumento di quella carenza strutturale che da 90 mila passa a 135 mila. Un numero insopportabile per l’organizzazione del nostro sistema nazionale».

L’alternativa proposta dalla Federazione degli infermieri è quella di indirizzare le risorse su attività alternative. «Invece di sollevare dal posto di lavoro il personale sanitario che in numero così esiguo non si è ancora sottoposto a vaccinazione, si provveda a utilizzarlo in altre attività, proprio alla luce della grave penuria di professionisti che c’è», esorta De Palma. «Non dimentichiamo la mancanza di prevenzione e screening che la pandemia ha provocato. Nel mandato degli infermieri c’è anche quella dell’educazione sanitaria, impensabile perdere posti di lavoro in questo modo». Ma la ragione del dissenso della categoria sembrerebbe ancora più profonda. «Il punto è che un obbligo non serve», mette in chiaro il presidente. «Molti degli operatori non vaccinati stanno dichiaratamente aspettando ulteriori risultati delle sperimentazioni. Questo vuol dire – continua – che non escludono a priori la vaccinazione. E ancora di più, considerando i numeri del personale sanitario non vaccinato, siamo davvero sicuri che ci sia tutto questo bisogno di un obbligo? Quello che si sta realmente rischiando è di avere in molte parti d’Italia un sistema sanitario da terzo mondo in cui mancano i servizi primari di assistenza».

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