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Pericolosità, diffusione, contrasto: tutto quello che c’è da sapere sulla variante Delta

20 Luglio 2021 - 13:35 Juanne Pili
variante delta varicella vaccinati
variante delta varicella vaccinati
Una piccola guida aggiornata sulla mutazione arrivata dall'India nel Regno Unito e oggi presente in 80 Paesi

[L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione. Nota in fondo*] I casi dovuti al nuovo Coronavirus sono in aumento, ma non quanto ci aspetteremmo senza i vaccini. Le immunizzazioni vanno di pari passo, proteggendoci anche dalla variante Delta, mentre continuano a emergere brutte notizie per chi sceglie di non vaccinarsi.

Cos’è la variante Delta

Inizialmente nel Regno Unito arrivò dall’India un «doppio mutante», costituito dalle mutazioni  L452R E484Q. Oggi noto come variante Kappa, ritenuta di interesse. Quella di maggiore preoccupazione presenta invece le mutazioni T487K e L452R, ed è nota come variante Delta. Ciò che è maggiormente rilevante è la possibilità che tale mutante possa influire sull’antigene. Così il virus risulterebbe più infettivo e/o capace di eludere gli anticorpi, in special modo quelli dei non vaccinati. L’antigene, in questo caso meglio noto come proteina Spike (S), serve al virione (il singolo virus) a infettare le cellule. Le varianti di maggiore preoccupazione (VOC), presentano mutazioni riguardanti il legame della Spike coi recettori cellulari (principalmente gli ACE2), permesso da una porzione della proteina, nota come RBD (Receptor binding domain).

I rischi maggiori riguardano i non vaccinati

Il potenziale pericolo di evasione anticorpale riguarda soprattutto chi non si è immunizzato attraverso i vaccini, la cui efficacia rimane salda, prevenendo le ospedalizzazioni. Anche se riempie le pagine dei giornali con grande facilità, la conta dei casi non è rilevante. I vaccini anti-Covid non servono a rendere immuni dal contagio. Esiste inoltre la possibilità (per quanto remota) che qualcuno non risponda adeguatamente al vaccino, ma questa cosa era già prevista a prescindere dalle varianti. Infine, è fondamentale che si vaccini completamente, non solo con la prima dose. Recentemente Pfizer aveva proposto l’introduzione di una terza dose.  Tuttavia rimane più rilevante al momento persuadere chi ancora non si è vaccinato, e accelerare l’immunizzazione di chi invece è ancora in attesa. Sulla base del CFR (tasso di letalità apparente) vediamo che grazie ai vaccini la mortalità è più bassa, fino a livelli che non superano lo 0,5%. La copertura riguarda soprattutto gli anziani e altri soggetti a rischio per i quali è prioritaria la vaccinazione.

I vaccini riducono drasticamente la letalità

Del resto vediamo che i contagi si sono spostati soprattutto nei giovani, come suggerivano precedenti proiezioni in tempi non sospetti.

«Una circolazione virale che dovesse tornare a causare decine di migliaia di casi al giorno, anche se inizialmente alimentata soprattutto da persone giovani e soggette ad alta mobilità, finirebbe inevitabilmente per interessare anche le molte non più giovanissime ancora suscettibili all’infezione – continua il genetista Marco Gerdol – Ed in questo caso parliamo della percentuale, fortunatamente piccola, di soggetti vaccinati nei quali il vaccino non ha avuto effetto, ma soprattutto parliamo di alcuni milioni di ultra-sessantenni che per i motivi più disparati hanno scelto di non vaccinarsi».

«In altre parole non stupiamoci se l’ondata estiva in arrivo in Italia dovesse essere caratterizzata da un tasso di ricoveri ospedalieri più consistente e da un CFR più elevato rispetto a quanto si osserverà ad esempio in Irlanda, in Portogallo oppure in Spagna. Si tratterà di numeri assoluti presumibilmente molto diversi da quelli delle ondate precedenti, che è difficile pensare possano portare a situazioni nuovamente drammatiche, quindi niente panico».

In un recente post Gerdol stima che «i 50mila casi inglesi registrati in questi giorni con ogni probabilità si tradurranno in 100/150 decessi tra circa 15 giorni». Parliamo sempre di numeri ben lontani dal periodo invernale. L’Inghilterra era arrivata a contare 50 mila casi al giorno a gennaio, con mille decessi. Allora il CFR era del 2%, oggi il tasso di letalità è dello 0,2%.

Età media più bassa nei contagiati

Con l’età media più bassa dei contagiati, la probabilità di contrarre forme gravi è scesa drasticamente.

«La variante Delta è attualmente la più grande minaccia negli Stati Uniti per il nostro tentativo di eliminare la Covid-19 – ha affermato Anthony Fauci durante un recente briefing – La buona notizia è che i vaccini autorizzati negli Stati Uniti funzionano contro la variante. […] Abbiamo gli strumenti. […] Quindi usiamoli e annientiamo l’epidemia».

Forse è bene ribadire che una maggiore circolazione del virus è la principale ragione per cui si generano le varianti. La Delta è del 50% più contagiosa della variante Alfa, secondo alcune stime. Ecco perché – al netto di inutili allarmismi – è più che legittimo tenersi in allerta. Diversi studi suggeriscono che possano rendere più difficile il lavoro dei farmaci, compresi quelli monoclonali. La variante Delta in particolare, sembra causare sintomi più gravi, come suggerisce un recente studio pubblicato su The Lancet.

Come si è diffusa

Una cosa è certa: non sono i vaccini a generare le varianti. La Delta non fa eccezione. La seconda cosa, che ormai dovrebbe essere ovvia, è che i potenziali pericoli dovuti alla variante Delta non riguardano i vaccinati. La variante Delta appare per la prima volta in India nell’ottobre del 2020. Risulta potenzialmente più trasmissibile, con cariche virali più alte nei non vaccinati. Sappiamo anche di una variante Delta Plus, classificata dalla Sanità locale come preoccupante, benché non vi siano sufficienti dati per confermarlo. Diffusasi rapidamente dall’India alla Gran Bretagna, grazie alla presenza di una grande comunità di giovani indiani, oggi negli Stati Uniti riguarda un caso su cinque. Anche se complessivamente i casi nel Paese oltre Atlantico sono in calo, la sua ascesa piuttosto rapida ha suscitato comprensibili preoccupazioni. L’esplosione di casi avvenuta in India – a partire dallo Stato del Maharashtra. dove la Delta era maggiormente concentrata – può spiegarsi molto probabilmente col differente contesto locale, come spiegava il genetista Gerdol RaiNews24.

Non bisogna abbassare la guardia

Il contesto dell’India è quello di un Paese dove non vigono le stesse misure di contenimento adottate in Occidente. Similmente a quanto potrebbe essere successo in Cile, nonostante una poderosa campagna vaccinale.

«La seconda ondata indiana ha colpito con tale ferocia che gli ospedali stanno finendo l’ossigeno, i letti e i farmaci antivirali – riportava Reuters  ad aprile –  Molti pazienti sono stati allontanati perché non c’era spazio per loro, hanno detto i medici di Delhi».

Oggi la Delta è presente in 80 Paesi. È la variante più comune in India e Gran Bretagna; solo in questa nazione rappresenta oltre il 90% dei casi. Non di meno, il 97% delle ospedalizzazioni collegate alla Variante riguarda persone che non hanno assunto nemmeno una dose di vaccino. Ricordiamo che oggi in America le misure di contenimento appaiono persino più lievi rispetto a prima.

L’efficacia dei vaccini

Secondo la direttrice dei CDC americani Rochelle Walensky questa è «una pandemia di non vaccinati». E tanto per ricordare che continuano a essere importanti anche le misure di distanziamento sociale, Kim Bellware precisa sul Washington Post, che secondo gli esperti della Sanità «anche se la variante Delta è più infettiva […] ci sono precauzioni che possono aiutare le persone vaccinate e non vaccinate a limitare i rischi». Come spiegato recentemente in un preprint sui dati sanitari britannici, su un campione di 14.019 sintomatici, 166 risultano ricoverati. I rapporti di rischio ospedalizzazione con prima e seconda dose rispettivamente 0,37 e 0,29. Così sappiamo che Pfizer tra prima e seconda dose protegge rispettivamente dal 94 96%. Con AstraZeneca l’efficacia oscilla rispettivamente tra il 71 e 92%.

Cosa suggeriscono gli studi più recenti

Esistono ulteriori studi sui vaccini di nuova generazione che si corroborano con questi dati. Sembra dunque sempre più evidente che la pericolosità della variante Delta si deve soprattutto alla presenza di una parte della popolazione reticente a immunizzarsi. Entriamo inoltre in una stagione dell’anno che per svariate altre ragioni favorisce lo spostamento e l’interazione dei giovani. Ecco perché non possiamo abbassare la guardia, anche se i reparti di terapia intensiva difficilmente torneranno a essere come l’anno scorso. In un recente studio dell’Università di Yale possiamo vedere una riduzione di mortalità. I vaccini negli Stati Uniti risultano efficaci contro il ceppo originario, le varianti Alpha, Gamma e Delta. Tra il 12 dicembre 2020 e il 28 giugno 2021 gli americani hanno risparmiato 270 mila vite. Sono oltre un milione i ricoverati in meno negli ospedali. Si stimano anche 25 milioni di casi in meno. È una conferma del fatto che anche se i vaccini anti-Covid non possono evitare il contagio, riducono notevolmente la carica virale dei vaccinati.

«Nemmeno eventuali nuove varianti peggiori della Delta possono cancellare questo risultato – spiega il professor Enrico Bucci commentando lo studio – ed esso può essere ancora migliorato, aumentando la vaccinazione a cominciare dalle fasce più fragili. In attesa dei primi farmaci e di vaccini di nuova generazione, guardiamo ai fatti e smettiamola di prestare orecchio ai cialtroni».

*Nota e aggiornamento – A seguito di una segnalazione riguardante un refuso presente nell’articolo («50 volte più contagiosa» anziché «50% più contagiosa») abbiamo prontamente corretto l’informazione. Ringraziamo chi ci ha cortesemente avvisato del problema.

Foto di copertina Alexandra_Koch | Variante Delta.

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