La terza dose? Per gli Stati Uniti la priorità è vaccinare di più: due somministrazioni sembrano al momento sufficienti

La sanità americana boccia l’ipotesi terza dose. Al momento la priorità è persuadere chi ancora non si vaccina. Non è esclusa l’eventualità di fare dei richiami un anno di distanza, ma si è in attesa di ampi studi che ne confermino necessità ed efficacia

Le aziende Pfizer e BioNTech hanno proposto alle autorità sanitarie americane l’introduzione di una terza dose del vaccino Comirnaty (BNT162b2) a sei mesi dalla seconda. Secondo i produttori, con questo ulteriore boost i titoli neutralizzanti contro la variante Beta e il ceppo originale del nuovo Coronavirus risulterebbero da 5 a 10 volte superiori. Pfizer-BioNTech auspica di fornire dati simili alla Fda e all’Ema per quanto riguarda la variante Delta. Si tratta ancora di ipotesi che attendono di essere confermate da uno studio in corso di fase 3. Anche per questo motivo, e vista l’esigenza di vaccinare il più possibile con le dosi disponibili, gli enti sanitari americani (Cdc e Fda) hanno congiuntamente bocciato la proposta. Al momento la priorità sono i cittadini che non vogliono vaccinarsi e che risultano maggiormente a rischio rispetto agli immunizzati. Si attende ora il responso europeo attraverso l’Ema.


L’ipotesi della terza dose

Intanto è stato pubblicato uno studio su Nature, in cui emerge che i sieri dei vaccinati poco dopo la seconda dose presentano forti titoli neutralizzanti contro la variante Delta, quella che al momento sembra preoccupare maggiormente. Avevamo già visto che effettivamente stanno emergendo conferme del fatto che i vaccini, anche se non riescono a ridurre i casi, fungono da grande argine contro casi gravi e ospedalizzazioni. Per quanto riguarda i presunti collegamenti con rari eventi avversi, quali miocardite e pericardite, i vaccini a mRNA mostrano di comportare più benefici che rischi.


«Mentre Pfizer e BioNTech ritengono che una terza dose di BNT162b2 abbia il potenziale per preservare i più alti livelli di efficacia protettiva contro tutte le varianti attualmente note, inclusa la Delta, le aziende rimangono vigili e stanno sviluppando una versione aggiornata del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 che prende di mira l’intera proteina spike della variante Delta – continua il comunicato aziendale – Il primo lotto del [vaccino a] mRNA è già stato prodotto per la sperimentazione. Le aziende prevedono che gli studi clinici inizino ad agosto, soggetti alle approvazioni normative. Come si vede nei dati del mondo reale rilasciati dal Ministero della Salute israeliano, l’efficacia del vaccino nella prevenzione di entrambi l’infezione e la malattia sintomatica è diminuita sei mesi dopo la vaccinazione, sebbene l’efficacia nella prevenzione di malattie gravi rimanga elevata. Inoltre, durante questo periodo la variante Delta sta diventando la variante dominante in Israele e in molti altri paesi».

Come avevamo visto in un precedente articolo, Israele è un banco di prova importante. Qui vediamo la variante Delta essere sempre più dominante, mentre parallelamente il vaccino non sembra ridurre i casi, non di meno vediamo confermata la tenuta contro i casi gravi e le ospedalizzazioni. Inoltre, sembra prioritario usare i lotti disponibili per vaccinare quante più persone possibili con due dosi, perché il problema potrebbero essere future varianti, le quali emergono non a causa dei vaccini, ma del tempo lasciato a disposizione di SARS-CoV-2 per infettare e mutare. È in corso uno studio di fase 3, in cui Pfizer-BioNTech dovrà dimostrare benefici rilevanti per una terza dose.

Più dosi o più vaccinati?

Fino ad allora gli enti sanitari americani restano fermi all’opzione della doppia dose. Con un recente comunicato congiunto i Cdc americani e l’Fda hanno quindi bocciato la proposta di Pfizer-BioNTech, evidenziando il fatto che il maggior pericolo al momento è riservato a chi rifiuta di vaccinarsi. Sembra che la priorità sia quella di persuadere il maggior numero di persone a immunizzarsi, non quella di dare una dose in più a chi non teme affatto il vaccino.

«Gli Stati Uniti sono fortunati ad avere vaccini altamente efficaci che sono ampiamente disponibili per le persone dai 12 anni in su – continua il comunicato – Le persone che sono completamente vaccinate sono protette dalla malattia grave e dalla morte, comprese le varianti attualmente in circolazione nel paese come la Delta. Le persone che non sono vaccinate rimangono a rischio. Praticamente tutti i ricoveri e i decessi per COVID-19 sono tra coloro che non sono stati vaccinati. Incoraggiamo gli americani che non sono ancora stati vaccinati a vaccinarsi il prima possibile per proteggere se stessi e la loro comunità».

«Gli americani che sono stati completamente vaccinati non hanno bisogno di una vaccinazione di richiamo in questo momento. FDA, CDC e NIH sono impegnati in un processo rigoroso e basato sulla scienza per valutare se o quando potrebbe essere necessario un richiamo. Questo processo tiene conto dei dati di laboratorio, dei dati degli studi clinici e dei dati di coorte, che possono includere dati di specifiche aziende farmaceutiche, ma non si basa esclusivamente su tali dati. Continueremo a rivedere tutti i nuovi dati non appena saranno disponibili e terremo il pubblico informato. Siamo preparati per dosi di richiamo se e quando la scienza dimostrerà che sono necessarie».

Ciò che invece non è escluso è l’eventualità di fare dei richiami, magari a un anno di distanza, ma si è in attesa di ampi studi che ne confermino necessità ed efficacia.

Foto di copertina: ANSA/VALDRIN XHEMAJ | A medical staff prepares a dose of Pfizer-BioNTech COVID-19 vaccine at a vaccination center in Pristina, Kosovo, 11 May 2021.

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