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Voghera, l’interrogatorio di Adriatici: «Sono addestrato, non volevo uccidere». Il gip: «Dall’assessore rischi per la collettività»

25 Luglio 2021 - 14:06 Redazione
L'uomo agli arresti per l'uccisione di Youns el Boussettaoui: «Ho estratto l’arma solo perché la vedesse, se avessi voluto colpirlo avrei sparato più volte». I difensori faranno ricorso al Riesame

Youns el Boussettaoui è ormai morto da tre ore, in ospedale, per le ferite causate da un unico proiettile che ha attraversato petto e addome. Massimo Adriatici si trova nella caserma dei carabinieri di Voghera. Sono le 3.27. Alla domanda del pm sull’accidentalità dello sparo, l’assessore leghista – autosospesosi dall’incarico e trasferito in una località segreta per la sua sicurezza – risponde: «Se avessi voluto sparare volontariamente, avrei esploso più colpi, sfruttando le caratteristiche dell’arma che consente di sparare più colpi in rapida successione. Posso affermare questo anche in virtù dell’addestramento che ho avuto da poliziotto». È il primo interrogatorio al quale viene sottoposto, nella notte tra martedì 20 e mercoledì 21 luglio. La sua versione contrasta con il racconto di un testimone: la balistica del colpo resta uno dei punti principali che gli inquirenti stanno cercando di chiarire.

Ciò che, invece, è certo è che era stato Youns ad avvicinarsi in modo minaccioso ad Adriatici, dopo aver molestato e insultato i clienti del bar Ligure di Voghera. «All’interno del locale, aveva finto di scagliare una sedia contro il cane di una ragazza proferendo nei confronti della medesima la parola “Vaff…”. Poi era andato verso il barista inveendo contro di lui e gli altri avventori, e uscito dal bar aveva scagliato una bottiglia di birra contro la piazzola esterna. La birra l’aveva sottratta poco prima al tavolo di clienti», racconta un testimone agli investigatori. Altre persone che hanno assistito alla scena hanno confermato che il primo a sferrare l’attacco è stato Youns: un pugno, all’altezza dell’occhio destro, che ha fatto piombare a terra Adriatici.

Adriatici: «Volevo che l’aggressore mi vedesse armato»

«Notavo il nordafricano avvicinarsi a me con fare aggressivo – si legge nella deposizione fatta dall’assessore del Comune di Voghera -. Consapevole dei precedenti penali, con la mano sinistra tenevo il telefono e infilavo la mano destra nella tasca impugnando la pistola, che sono solito portare con me la sera quando esco. Il soggetto continuava ad avvicinarsi e io rispondevo di stare calmo che stava arrivando la polizia, estraendo l’arma e puntandola verso il basso. Lo stesso mi incalzava chiedendomi che cosa volessi fare, e improvvisamente mi colpiva con forza all’altezza dell’occhio destro. Io cadevo all’indietro battendo il gomito sinistro, la parta alta della schiena e la nuca».

Il pm domanda ad Adriatici come mai non sia riuscito a difendersi utilizzando le mani. E l’indagato spiega: «Nella mano sinistra impugnavo il telefono cellulare, mentre con la destra impugnavo la pistola lungo la gamba rivolta verso il basso. Non avrei mai allungato tale braccio verso il cittadino nordafricano. L’aggressione poi è stata molto rapida e ho sentito il colpo al volto improvvisamente. Quando ero a terra, ricordo che avevo ancora il braccio destro teso con ancora la pistola ben stretta nella mano. Per istinto, per non far partire il colpo e per non perdere l’arma, preservavo il braccio destro». Il pm fa notare che, secondo la ricostruzione di Adriatici, il colpo sembrerebbe partito inavvertitamente. «Come è possibile che sia avvenuto nonostante le sicurezze di regola previste in tutte le armi da fuoco?», gli domanda. Sono le 5.09. «Ero consapevole dell’elevata pericolosità del soggetto – risponde l’assessore -. Ho ritenuto di estrarre l’arma solo per mostrarla. Volevo solo che lui si accorgesse che io ero armato».

Il gip sulla conferma dei domiciliari per Adriatici

Adriatici resta ai domiciliari, gli arresti – scrive il giudice per le indagini preliminari – sono necessari perché serve una «misura che limiti provvisoriamente ma fortemente la libertà di circolazione in capo a un soggetto che, per sua stessa ammissione, ha dichiarato di non essere in grado di gestirla (una situazione simile, ndr) senza gravissimi rischi per la collettività». «La grave sproporzione tra azione e aggressione subita – considera il giudice – va valutata considerando le qualità professionali di Adriatici» dalle quali «deriva un’aspettativa comportamentale proporzionalmente inversa rispetto alla condotta tenuta». Questo comporta «una giudizio negativo di personalità e di rimproverabilità specifica nel governo di situazioni di pericolo, neppure eccezionale, che non può non condurre a un’attenuazione radicale della fiducia che la collettività deve poter riporre nel comportamento di ciascun consociato quindi anche del prevenuto, nell’ottica della dovuta salvaguardia di beni giuridici superiori». I legali di Adriatici, intanto, domenica 25 luglio hanno fatto sapere che faranno ricorso al Tribunale del Riesame per ottenere la revoca dei domiciliari a carico dell’assessore. Secondo l’avvocato Gabriele Pipicelli, «non sussiste in alcun modo il pericolo di reiterazione del reato» in base al quale il gip ha confermato i domiciliari disposti dal pm.

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