Bebe Vio dopo l’oro di Tokyo: «Ad aprile ho rischiato di morire. Ora capite perché ho pianto?»

La campionessa azzurra: «La prima diagnosi era amputazione dell’arto sinistro entro due settimane e morte entro poco. La medaglia è dei medici, non mia»

«Ho rischiato di morire, altro che saltare la Paralimpiade: capito perché ho pianto così tanto?». Bebe Vio, subito dopo essersi messa al collo l’oro nel fioretto conquistato alla Paralimpiade di Tokyo 2020, parla così delle emozioni che questa vittoria porta con sé e delle difficoltà dei mesi passati: «I primi quattro anni della preparazione sono andati benissimo, anche nel periodo del Covid, anche grazie ai miei allenatori e alle Fiamme Oro che mi hanno permesso di tornare in palestra e chiuderci là persino prima delle altre avversarie, perché avevamo ripreso il 4 maggio 2020. L’ultimo anno è stato parecchio “sfigato” per via dell’infortunio che ho avuto». «Lo scorso 4 aprile – racconta Bebe Vio – mi sono dovuta operare e sembrava che questa Paralimpiade non doveva esserci, abbiamo preparato tutto in due mesi, non so come cavolo abbiano fatto il mio fisioterapista Mauro Pierobon e il preparatore atletico delle Fiamme Oro Giuseppe Cerqua a fare questa magia. Non ci credevo di arrivare fin qua, perché ho avuto un’infezione da stafilococco che è andata molto peggio del dovuto e la prima diagnosi era amputazione entro due settimane (dell’arto sinistro; ndr) e morte entro poco. Sono felice, hai capito perché ho pianto così tanto?». «L’ortopedico ha fatto un miracolo, si chiama anche Accetta tra l’altro, ci pensate?», continua Bebe Vio. «È stato bravissimo, tutto lo staff lo è stato. Questa medaglia assolutamente non è mia, è tutta loro. Stamattina mi hanno nascosto il braccialetto dell’ospedale con scritto “-119”, che erano i giorni che mancavano a Tokyo ed è stato il momento in cui ho ricominciato ad allenarmi. Sono veramente fortunata».


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