Gli Stati Uniti erano a conoscenza dell’imminente attacco kamikaze che, alle 18 di pomeriggio del 26 agosto, ha causato 200 vittime civili e 13 morti tra i soldati statunitensi. Secondo la testata Politico, in tre conference call classificate del Pentagono si parla del rischio concreto di un «evento con vittime di massa». I comandanti americani sul campo, allora, avevano allestito un piano per la chiusura dell’Abbey Gate, subito dopo l’ora di pranzo. Tuttavia, prosegue Politico, il Pentagono aveva deciso di ritardare la chiusura di quell’ingresso all’aeroporto di Kabul per consentire agli alleati del Regno Unito di proseguire le operazioni di evacuazione del proprio personale, di stanza al vicino Baron Hotel. Così, con gli afgani ammassati all’ingresso dello scalo, ancora aperto, nella speranza di riuscire a imbarcarsi su uno dei voli della speranza in partenza da Kabul, l’attentatore dell’Isis-K si è fatto esplodere. Intanto il portavoce del Pentagono John Kirby, alla vigilia della scadenza dell’ultimatum posto dai talebani agli Stati Uniti per lasciare il Paese – il 31 agosto -, ha parlato di «una minaccia ancora attiva» di attacchi terroristici nella capitale afgana.
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