Limiti ai prelievi, norme per le studentesse, divieti per i barbieri: così prende forma la società afgana dei talebani

Dalle nuove regole per le donne nelle università ai limiti ai prelievi nelle banche, il Paese sta facendo i conti con un’ondata repressiva post-ritiro americano

Un governo che nasce e un sistema di divieti che ricomincia a farsi largo. Con la riconquista dell’Afghanistan, i talebani hanno ripreso ad esercitare giorno dopo giorno un controllo sulla vita quotidiana dei cittadini: nuove disposizioni per le università, controllo delle finanze private, nuovi (vecchi) obblighi culturali. Nonostante le intenzioni dei talebani nel Paese restino ancora non del tutto chiarite, i primi comunicati del gabinetto ad interim e i racconti dei reporter sul posto lasciano pochi dubbi su quale sarà il volto dell’Afghanistan dopo ritiro degli Stati Uniti e gran parte della Nato.


La vita nelle città

La situazione nelle varie aree del paese è ancora disomogenea, e i cambiamenti arrivano con tempistiche diverse da città in città. Già da prima che i talebani entrassero a Kabul e che Ashraf Ghani fuggisse dalla capitale, dal Paese sono iniziate ad arrivare testimonianze di civili e commercianti che ricevevano divieti dai talebani. Da Mazar-i Sharif alcuni negozianti raccontavano già prima del 15 agosto di ricevere ordini dai miliziani, come quello di non trasmettere musica pop o non religiosa alla radio. «Ci è concesso trasmettere solo musica islamica e pubblicità», ha raccontato un commerciante alla Bbc. Ora le notizie arrivano anche da Kabul, dove alcune parrucchieri hanno testimoniato di aver ricevuto il divieto di tagliare le barbe agli uomini, come previsto dalla Sharia. Diversi giornalisti stanno confermando la notizia.


Il limite ai prelievi

Le cattive notizie arrivano anche sul versante finanziario. Con l’inflazione e la disoccupazione alle stelle, le riserve di liquidità del Paese si stanno esaurendo. I datori di lavoro non sono più in grado di pagare gli stipendi ai dipendenti, e i reporter sul posto raccontano di centinaia di persone che ogni giorno si mettono in fila per ore fuori dai bancomat di Kabul nel tentativo di prelevare la quantità di denaro permessa settimanalmente dai loro conti bancari. Da quando i talebani sono saliti al potere, gli afgani possono prendere un massimo di 200 dollari ogni 7 giorni, che equivalgono a circa 2.000 afghani (la valuta in vigore nel Paese). Per controllare che nessuno prenda di più, i talebani tengono liste dei clienti idonei giorno per giorno.

Le Università

Già prima che i talebani comunicassero i nomi di chi avrebbe composto il gabinetto provvisorio del governo, diverse donne erano scese in strada per manifestare contro la privazione dei loro diritti. Nel periodo tra il 1996 e il 2001, durante la prima esperienza di governo dei talebani, le ragazze erano state bandite dalle scuole e dalle università, così come dalla maggior parte dei lavori (compreso l’insegnamento). Come promesso dopo le prime conferenze stampa di fine agosto, i talebani non hanno vietato alle donne di continuare a frequentare le scuole e l’università, purché lo facciano «secondo la legge islamica». Il 10 settembre, il ministero della Cultura ha diffuso le prime linee guida comportamentali che dovranno seguire gli atenei privati. Tra queste, il ritorno delle classi divise per genere e l’obbligo di abaya (tunica coprente) e niqab per le studentesse.

«Mettere fine al sistema delle classi miste non sarà un problema», ha detto il ministro ad interim dell’Università Abdul Baqi Haqqani. «La gente qui è musulmana e lo accetterà». La decisione potrebbe creare ulteriori problemi alle donne, considerando che la maggior parte delle strutture universitarie non è abbastanza grande (o abbastanza attrezzata) per permettere di moltiplicare le classi. Il timore è che diversi atenei possano decidere di non avviare le classi riservate alle studentesse per questioni logistiche. Il 12 settembre, inoltre, il ministro Haqqani ha fatto sapere che le materie insegnate nelle università alle donne saranno riviste, così da creare un «un programma che sia in linea con i valori islamici, nazionali e storici».

Immagine di copertina: EPA/STRINGER

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