Il giudice ha riconosciuto il comportamento antisindacale dell'azienda. I lavoratori: «Ora la palla ripassa al governo»
Il Tribunale del Lavoro di Firenze ha deciso: revocata la lettera d’apertura di licenziamento della Gkn di Campi Bisenzio (Firenze) ai danni di 422 dipendenti. Il giudice del lavoro si è espresso a favore del ricorso presentato dalla Fiom-Cgil il 30 luglio scorso per comportamento antisindacale ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori. Secondo quanto si legge nel provvedimento del tribunale, il comportamento antisindacale «accertato» è consistito nell’aver impedito alle rappresentanze di intervenire nella fase decisionale. «Ora la palla ripassa ancora più pesante al governo», ha commentato il Collettivo dei lavoratori della fabbrica. «Non osate far ripartire quelle lettere. Cambiate la legge subito».
I sindacati: «Avevamo ragione noi»
In una nota congiunta Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Daniele Calosi, segretario generale della Fiom-Cgil Firenze e Prato, hanno dichiarato: «Abbiamo vinto insieme ai lavoratori perché avevamo ragione. I licenziamenti alla Gkn sono illegittimi. Ora – hanno aggiunto – il Presidente del Consiglio e il Ministero dello Sviluppo Economico facciano la loro parte e intervengano in tema di delocalizzazioni e ad una soluzione che garantisca la ripresa produttiva e l’occupazione nello stabilimento per i lavoratori di Campi Bisenzio e di tutto l’indotto».
«Il Covid si cura, ecco le prove» titola il quotidiano La Verità nella prima pagina del 16 settembre 2021. Secondo l’articolo, firmato dal direttore Maurizio Belpietro, la prova sarebbe «un imponente studio» della fondazione politica David Hume. Secondo quanto riportato da La Verità, «con un mix di farmaci si abbattono i ricoveri in ospedale di oltre l’80% e crolla la letalit». La pubblicazione è stata rilanciata da Giorgia Meloni su Facebook e Twitter: «La fondazione Hume certifica che le terapie domiciliari abbattono drasticamente la mortalità e l’ospedalizzazione da Covid19». Di fatto non risulta pubblicato in una rivista scientifica. Abbiamo consultato la pubblicazione, riscontrando diverse problematiche, le quali non confermano l’esistenza di una cura contro la Covid.
Per chi ha fretta:
La fondazione David Hume non è una rivista scientifica.
L’articolo è un resoconto di diverse fonti prive di rilevanza scientifica.
L’autore della pubblicazione mette le mani avanti, smentendo la narrativa de La Verità e di Giorgia Meloni.
La cura contro la Covid-19, capace di scongiurare l’insorgere dei sintomi gravi. ancora non esiste. L’articolo della Fondazione non può essere la prova del contrario.
Analisi
Nell’introduzione dell’articolo la Fondazione riporta una delle prime teorie già diffuse a inizio pandemia, ossia quella degli integratori contro la malattia:
E non solo vi sono le terapie domiciliari con la loro elevata efficacia (dell’ordine dell’80-85% nell’evitare le ospedalizzazioni), ma anche la prevenzione quotidiana con certi integratori naturali del tutto innocui, che dai primi studi disponibili in letteratura risultano essere quasi altrettanto efficaci nell’evitare i ricoveri di chi si contagia.
Tanto le cure domiciliari fino ad oggi propagandate, quanto l’uso di integratori, non risultano affatto efficaci nel curare la Covid-19. Come possiamo prendere sul serio tale elaborato? Lo dice lo stesso autore, il quale dichiara di non assumersi la responsabilità in caso di uso improprio del contenuto. Per questo motivo pubblica un’avvertenza, smentendo La Verità e Giorgia Meloni, addossando la responsabilità in caso di una sua errata diffusione.
Riportiamo di seguito l’avvertenza, dove si riscontra che non si tratta di un «maxi studio» che «certifica». L’autore, teniamo a precisarlo, avverte del «rischio e pericolo» a cui incorrerebbe chi prendesse troppo sul serio il testo:
«AVVERTENZA. Il presente articolo vuole solo fornire un contributo informato al pubblico dibattito e all’approfondimento personale del lettore su tematiche male o poco trattate dai media, senza alcuna pretesa di sostituire il parere del proprio medico curante e/o di uno specialista. Non deve quindi in alcun modo sostituire il rapporto diretto con i professionisti della salute, cui occorre rivolgersi prima di assumere qualsiasi farmaco. Il lettore è tenuto a rispettare scrupolosamente questa avvertenza. Pertanto, l’Autore non si assume alcuna responsabilità in caso di un uso inappropriato delle informazioni fornite. Chi violasse questo chiaro avvertimento, di conseguenza, lo farebbe a proprio rischio e pericolo».
Le fonti del testo
Smentita la narrativa del Maxi studio, ma di un articolo dal titolo «Tutto quello che non vi dicono sulle cure domiciliari precoci per il Covid-19 (e perché lo fanno)», veniamo al contenuto. Trattandosi di un approfondimento basato su delle fonti, analizziamo queste ultime.
Vengono citati alcuni lavori del cardiologo americano Peter McCullough. Questo viene presentato come «editor di due importanti riviste di medicina, nonché uno dei ricercatori più pubblicati nel suo campo, che riguarda il cuore ed i reni». Non sindacheremo su questo. Può essere che sia un notevole cardiologo, ma quando si parla di vaccini cominciano a emergere alcuni problemi. I colleghi di FactCeck e AFP lo avevano già pizzicato nel fare disinformazione sui vaccini anti-Covid. Sarà anche un autore molto citato, ma non esattamente per le sue competenze in epidemiologia e virologia.
Il piatto forte del «protocollo McCullough» si baserebbe, secondo l’autore della Fondazione Hume, sulla somministrazione precoce di idrossiclorochina e azitromicina. Non è difficile trovare studi – anche su riviste predatorie – che possono suggerirne l’efficacia (come abbiamo visto per l’omeopatia o l’agopuntura), il problema è che si dovrebbe considerare l’intera letteratura in merito.
Per esempio, sull’idrossiclorochina è stata condotta una meta-analisi collaborativa, dove sono stati contattati anche gli autori degli studi in merito, riscontrando che l’uso nei pazienti Covid era associato a un aumento della mortalità, per non parlare della scarsa efficacia complessiva.
L’azitromicina è un antibiotico (non un antivirale), che vediamo spesso proposto assieme all’idrossiclorochina, e presenta altrettante scarse evidenze di efficacia contro la Covid-19, nonostante si possano trovare studi che suggeriscono il contrario, il punto è che non sono rilevanti rispetto al resto della letteratura in merito.
A cosa fanno riferimento diverse note dell’articolo?
Degne di nota alcune fonti che difficilmente potremmo trovare in uno studio scientifico peer review:
la n°17 «Dr. Fabio Milani, “Conversazione con Red Ronnie”, YouTube, 31 luglio 2021»;
la n°20 «Magni S., “In Svezia non hanno avuto il lockdown. E stanno meglio di noi”, InsideOver, 4 agosto 2021»;
la n° 27 «Galici F., “Zangrillo smonta l’allarme: ‘Ecco cosa vale più di 1000 tamponi’ “, il Giornale, 17 luglio 2021»;
la n° 26 «Ricolfi L., “Verso la terza dose?“, Il Messaggero, 28 agosto 2021».
Sono davvero tanti gli articoli giornalistici presenti. Otto note in particolare sono delle auto-citazioni che rimandano ad articoli firmati dallo stesso Menichella per la Fondazione Hume: la n° 2; 6; 7; 18; 56; 60; 71; 111. Troviamo anche qualche articolo scientifico non firmato da McCullough, ma niente che confermi in maniera rilevante quanto sostenuto da chi ha condiviso l’elaborato dell’autore.
Conclusioni
Non si tratta di un «maxi studio», così come non si tratta affatto di uno studio scientifico. L’avvertenza dell’autore è chiara, ma non sappiamo confermarvi se sia stata pubblicata prima o dopo le pubblicazioni de La Verità e di Giorgia Meloni.
Ricordiamo che la qualità di un articolo scientifico non dipende da quante note vengono inserite, ma dalla rilevanza delle fonti a cui rimanda. Questo inoltre dovrebbe essere sottoposto alla revisione di esperti nel settore, prima di venire pubblicato in una rivista specializzata che ne fornisca autorevolezza.
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