Inps, stop all’assegno di invalidità per il disabile che ha un “lavoretto”

Con il “lavoretto” un disabile riesce a guadagnare a malapena 400 euro al mese, quando va bene. Ecco da dove nasce l’equivoco

L’Inps ha deciso – come si legge nel messaggio 3495 del 14 ottobre 2021 – di stoppare gli assegni per gli invalidi che hanno un “lavoretto”. Da quella data, dunque, l’Istituto nazionale di previdenza sociale non erogherà più i 287,09 euro al mese per 13 mensilità a chi ha una percentuale di invalidità compresa tra il 74 e il 99 per cento e nel frattempo lavora (con uno stipendio massimo di 400 euro al mese). Secondo l’Inps, dunque, un invalido può vivere tranquillamente con un “lavoretto”, con cui a malapena riesce a pagare l’affitto di una casa (o di una stanza, nelle grandi città italiane). «Una decisione molto grave che colpisce i più fragili che hanno già pagato un prezzo alto in pandemia», tuonano Ezio Cigna e Nina Daita, responsabili della Cgil per le politiche della previdenza e della disabilità. Lo scrive Repubblica.


I cosiddetti “lavoretti”, pagati pochissimo, non sono altro che «attività terapeutiche o formative e con piccoli compensi», continuano Cigna e Daita. Parla di «situazione inaccettabile» anche la sottosegretaria all’Economia Maria Cecilia Guerra di Leu che, adesso, chiede di correggere l’equivoco e, dunque, di ripristinare il prima possibile la compatibilità dei “lavoretti” con l’assegno di invalidità, già di per sé di importo esiguo. Un problema, questo, che nasce con l’articolo 13 della legge 118 del 1971 secondo cui l’assegno doveva essere riservato solo agli «incollocati», cioè ai disabili iscritti nelle liste speciali di collocamento; la legge 145 del 2007 ha sostituito «incollocati» con «che non svolgono attività lavorativa» e dal 2008 Inps ha spiegato che i “lavoretti” non possono essere considerati «attività lavorativa rilevante». Ora il dietrofront, citando due sentenze della Cassazione del 2018 e 2019.


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