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Serve davvero un ministero della Disabilità? Lo abbiamo chiesto a Iacopo Melio e Roberta Macrì: «No al pietismo, vogliamo solo normalità»

18 Febbraio 2021 - 07:44 Fabio Giuffrida
Da una parte Roberta Macrì che parla di «una vittoria in caso di azioni concrete», dall'altra Iacopo Melio che boccia, senza se e ma, l'istituzione di un ministero che «sarà di facciata e creerà differenze»

La notizia dell’istituzione di un ministero per la Disabilità nel governo Draghi – affidato alla leghista Erika Stefani – ha suscitato diverse polemiche tra dubbi, speranze e accuse. Fortemente richiesto dalla Lega di Matteo Salvini, è stato guidato nel primo governo Conte da Alessandra Locatelli, anche lei del Carroccio. Open, oggi, ha raccolto le testimonianze di due giovani disabili, Roberta Macrì e Iacopo Melio. La prima più possibilista, il secondo decisamente contrario. In Italia – è bene ricordarlo – ci sono più di 3 milioni di disabili, pari al 5,2 per cento della popolazione.

«Una vittoria, ci sentiamo abbandonati»

FACEBOOK | In foto Roberta Macrì

Roberta Macrì, 32 anni, vive a Messina e da 9 anni è su una sedia a rotelle (a causa di un brutto incidente stradale). Robertà non ha dubbi: «Ben venga che ci sia un ministero, per noi è una vittoria. Speriamo che non sia solo di facciata e che serva a risvegliare le coscienze». In questi anni, infatti, «siamo stati dimenticati, abbandonati, messi da parte, relegati in un angolino come quando assistiamo a un concerto e ci mettono in quei “recinti” sotto il palco dove non si vede nulla». Non vuole essere considerata una «ragazza speciale»: «Non siamo supereroi, vogliamo solo una vita normale, nessuna ghettizzazione».

Fino ad ora la disabilità «è stata sottovalutata», bene quindi che «ci sia un gruppo di persone che si occupi finalmente di noi»: «Non siamo una parte marginale della società. L’augurio è che con questo ministero finalmente vengano fatte rispettare le leggi già esistenti come quella sull’abbattimento delle barriere architettoniche. Se il loro compito è questo, bene, se è solo di facciata non ha senso. Poi, se ad occuparsene sarà una leghista a me sinceramente non interessa. Il punto è solo uno: cosa hanno intenzione di fare?».

Sono stati 9 anni difficili ma Roberta non ha mai perso il sorriso. Nelle foto che mostra di sé appare sorridente, con vestiti colorati e voglia di vivere. Merito anche di Giuseppe, suo compagno di vita, che avrebbe dovuto sposare a settembre 2020. «Sono stata io a fare il primo passo ma abbiamo dovuto rimandare le nozze a data da destinarsi causa Covid», confida a Open. Roberta danza, lavora (almeno fino a quando è stato possibile in un lido a Milazzo, alle casse), e percepisce poco meno di 800 euro al mese tra pensione di invalidità e accompagnamento. «Non bastano, ne spendo almeno 300 tra medicinali, cateteri e guanti», conclude.

Melio: «Un ministero che crea differenze e fa leva sul pietismo»

FACEBOOK | In foto Iacopo Melio

Più duro, invece, Iacopo Melio, consigliere regionale del Pd in Toscana, che sta affrontando un periodo difficile, dopo essere risultato positivo al Covid. Anche ora, infatti, si trova in ospedale. Ed è da lì che risponde a Open: «Questo ministero crea differenze in modo certo, per definizione. A dirlo sono quasi un secolo di disability studies portati avanti da sociologi, antropologi e psicologi sociali, ma soprattutto le linee guida chiare e precise dettate dall’Onu in fatto di inclusione e parità, entrambe questioni che non si possono improvvisare con chiacchiere da bar e “opinioni personali” da parte di chi si occupa di tutt’altro».

Secondo Melio, dunque, quella del ministro della Disabilità non è altro che «una figura totalmente di facciata, peraltro senza portafoglio, quindi senza possibilità di attuare manovre indipendenti ed efficaci, che fa leva su il pietismo e la compassione di chi si lascerà andare a sentimentalismi, perché giustamente non ha gli strumenti adeguati, tecnici, per un’analisi consapevole. La verità è che avere un ministro ad hoc non fa che alimentare una ghettizzazione basata su un noi/loro e su etichette e pregiudizi che fanno tornare indietro anziché progredire, istituzionalizzando e medicalizzando le persone con disabilità invece di puntare ad una prospettiva “normale”, trattando le tematiche a loro collegate attraverso ciascun ministero esattamente come vale per tutti gli altri cittadini».

Il rischio, secondo il consigliere regionale del Pd in Toscana, è che questa possa essere una mossa esclusivamente elettorale, niente di più: «Era da tempo che la Lega cercava un modo per accattivarsi consensi di pancia dei cittadini, dimostrandosi attenta e sensibile. La disabilità è un tema che mette tutti d’accordo e, di certo, risulta difficile opporsi a offerte di aiuto a riguardo, ritenendole sbagliate. Anche per questo dobbiamo sottolineare quanto sia importante sapere di cosa si sta parlando e, soprattutto, ribadire che le politiche del welfare non si possono improvvisare se si vuole veramente aiutare nei fatti e nel cambio culturale necessario, anziché creare danni enormi».

Immagine di copertina da Facebook | Elaborazione di Open

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