Bechis e il rapporto Iss sui morti Covid. Il direttore: «Titolo sbagliato, colpa nostra»

Dopo la smentita dell’Iss, abbiamo discusso con il direttore de “Il Tempo” sul suo editoriale

L’editoriale di Franco Bechis, direttore de Il Tempo, è stato ampiamente sfruttato dai negazionisti della Covid, sui social e nelle manifestazioni di piazza contro il Green Pass, per sostenere che i reali decessi fossero 3.783 e non gli oltre 130 mila riportati nei bollettini. Bechis, contattato da Open, spiega le ragioni del suo intervento ammettendo un errore: «Colpa nostra sul titolo, era sbagliato. Avrei preferito un titolo più dubitativo». Ormai è tardi. Cosa ne pensa del fatto che il suo articolo è diventato un punto forte dei negazionisti e No vax? Titolo a parte, non si pente del suo operato, ricordando a questi individui di non essere affatto uno di loro: sua madre è morta di Covid a causa di un medico che l’aveva convinta a non vaccinarsi contro la malattia.


Tuttavia, quell’articolo combacia con la narrativa diffusa nel marzo 2020 dai negazionisti, i quali citavano il rapporto dell’Iss nascondendo proprio quell’informazione che smentiva le loro falsità: le complicanze della Covid. Queste infatti, citate in maniera chiara e inequivocabilmente nel documento, facevano comprendere come la malattia abbia colpito i pazienti malati portandoli al decesso. Al direttore de Il Tempo abbiamo fatto notare la stessa mancanza nel suo articolo, ma la sua risposta è stata estremamente chiara: «Non volevo fare un articolo di informazione, ma contestavo il rapporto».


Un tweet del 24 ottobre dove viene fatto riferimento al numero 3.783.

Voleva contestare il rapporto, ma non soltanto quello. Bechis se la prende con l’intera gestione politica e comunicativa del governo da inizio pandemia, puntando il dito sull’Istituto Superiore di Sanità che, a suo dire, durante le conferenze stampa rilasciava dichiarazioni che puntavano a tranquillizzare i cittadini, un compito che però spettava ad altri: «Il politico doveva dare tranquillità, non l’Istituto Superiore di Sanità». In ogni caso, secondo il direttore de Il Tempo in quel periodo la situazione era talmente grave da ritenere che «c’erano i presupposti per dire che siamo in una situazione di guerra». Secondo Bechis, con una decisione del genere si sarebbero evitate molte discussioni che nel corso della pandemia hanno generato molti dubbi della gestione nei cittadini.

Dubbi che secondo Bechis sono stati generati anche nella gestione della campagna vaccinale, affermando che dietro alle politiche governative ci fossero più decisioni logistiche che scientifiche, come quelle del periodo d’attesa tra la prima e la seconda dose dei vaccini nonostante le indicazioni delle stesse case farmaceutiche. Come per lo stato di guerra, anche per la vaccinazione il direttore de Il Tempo sostiene una linea più dura: «Sarebbe stato più lineare il vaccino obbligatorio per una questione di sanità pubblica. Posso discutere sull’obbligo in sé, ma avremmo evitato le discussioni di uno o dell’altro». Nulla di nuovo, lo sosteneva in un suo editoriale del 27 luglio dal titolo «Meglio il vaccino obbligatorio che andare avanti con il caos Green pass e slogan».

Tornando al rapporto dell’Iss, che come contenuti sono gli stessi del marzo 2020, perché criticarlo solo ora? «Ho aspettato un po’ di tempo per lanciare questa polemica, aspettando un momento più tranquillo» ci confida Bechis al telefono. Certo, oggi grazie alle nostre conoscenze sulla malattia e ai vaccini, non ci troviamo nella stessa situazione vissuta durante il lockdown, ma se c’era la notizia di un problema forse era meglio darla immediatamente se fondata e non con un titolo sbagliato in un periodo di manifestazioni No Green Pass che si sono dimostrate anche violente.

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