Cos’è la Global minimum tax che scatterà nel 2023. E perché per l’Italia non cambia molto

A guadagnarci di più saranno gli USA, meno l’Italia. Favorevoli 136 Paesi su 140: c’è tempo fino al 2023 per attuarla. Ecco cosa cambierà

Si tratta di una tassa globale sulle multinazionali, approvata dai leader del G20 nel corso del vertice di Roma dopo anni di trattative, che colpirà soprattutto i colossi del web, da Amazon a Facebook. La Global minimum tax dovrà essere attuata entro il 2023. È prevista un’aliquota minima del 15 per cento sugli utili delle multinazionali così da evitare che queste trasferiscano continuamente le proprie sedi fiscali nei Paesi dove il trattamento risulta essere decisamente più favorevole. Un’intesa che permetterà di riattribuire ai Paesi del mondo benefici per oltre 125 miliardi di dollari, realizzati da 100 multinazionali (Apple, Pfizer, Microsoft, General Electric, Ibm, Johnson & Johnson, Cisco System, Merck, Google, Exxon ma anche Nestlè e Volkswagen), come sottolinea l’Ocse. Si vuole evitare, ad esempio, che Facebook accumuli ricavi in ogni Paese del mondo in cui opera ma in Europa paghi le imposte solo in Irlanda dove l’aliquota è al 12,5 per cento. Secondo uno studio indipendente, la tassa globale potrebbe generare almeno 60 miliardi di dollari di introiti ogni anno solo per gli Stati Uniti.


Cosa prevede

L’accordo prevede che le aziende, con entrate per oltre 20 miliardi di euro, possano essere tassate anche nei Paesi in cui avvengono effettivamente i consumi (e non in quelli in cui hanno la sede legale, come è accaduto fino ad ora). La tassa, inoltre, prevede che i Paesi che ospitano il quartier generale di queste aziende possano imporre una tassa minima di almeno il 15 per cento. Grazie alla Minimum tax, tra l’altro, andrà via la Digital service tax europea che non era piaciuta agli Stati Uniti visto che colpiva soprattutto le grandi aziende tecnologiche. Nel caso in cui dovesse essere attuata la tassa globale, i Paesi europei offriranno alle aziende un credito fiscale per rimborsare tutte le somme versate in eccesso rispetto, appunto, all’imposta globale.


Cosa succede adesso

Dopo il via libera dei capi di Stato e di governo, la tassa globale diventerà realtà. Come? Dovrà essere trasformata in legge nei singoli Paesi ma quello che ancora manca è la creazione di un meccanismo serio e autorevole di risoluzione di eventuali dispute a livello internazionale. A proporre, per prima la tassa globale era stata la segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen, ad aprile scorso, nell’ambito della nuova amministrazione del presidente americano Biden, anche e inizialmente si parlava addirittura di un’aliquota minima del 21 per cento, poi ridimensionata. Non è un caso che i promotori della tassa siano stati proprio gli americani visto che saranno quelli a trarne maggiori benefici (si spera di recuperare 60 miliardi di dollari all’anno).

Cosa ci guadagna l’Italia

A giugno la tassa globale è stata appoggiata dal G7 e solo a ottobre ha avuto l’ok di 136 Paesi su 140 del Quadro inclusivo Ocse/G20. Ora al G7 a Roma la ratifica da parte dei capi di Stato e governo. Si registra l’adesione delle “scettiche” Irlanda, Estonia e Ungheria. Restano fuori solo Kenya, Pakistan, Sri Lanka e Nigeria. E l’Italia cosa ci guadagna in tutto questo? Poco. Il passaggio dall’imposta attuale a quella globale non cambierà l’ammontare del gettito fiscale che proviene da Google, Apple, Facebook, ha spiegato il ministro dell’Economia Daniele Franco. Si parla di 250 milioni di euro all’anno.

Foto in copertina: ALBERTO PIZZOLI/AFP/ANSA

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