La catastrofe dei morti di Covid in Russia: cosa non torna nei numeri ufficiali. Ecco perché le vittime sono molte di più

Mentre la campagna vaccinale procede a rilento, le autorità russe provano a correre ai ripari. Ma il disastro sui decessi è sotto gli occhi di tutti, come scrive il Financial Times

Durante la pandemia del Coronavirus sono morte altre 753 mila persone rispetto alle tendenze storiche, rispetto alla media. A scriverlo è il Financial Times che fa un durissimo attacco alle autorità russe che, intanto, stanno imponendo nuove restrizioni per frenare la diffusione del contagio nel Paese. La Russia, infatti, numeri alla mano, si è classificata seconda per numero di morti solo agli Stati Uniti, dove i decessi registrati in questi mesi hanno raggiunto cifre spaventose. I dati sui decessi nel Paese sono sempre stati “confusi”: da una parte c’è il Rosstat, ovvero l’istituto nazionale di statistica del Paese, che parla di 462 mila persone decedute per malattie respiratorie, dall’altra c’è la task force russa sul Covid, ovvero un organismo che comprende ministri e altri funzionari chiamati a coordinare la pandemia, che parla di 203 mila decessi alla fine di settembre. Entrambe le agenzie usano approcci diversi per raccogliere i dati. La task force, ad esempio, riceve aggiornamenti quotidiani dagli ospedali e, dunque, si riferisce ai casi in cui il Covid è stata l’evidente causa primaria di morte, senza però fare esami approfonditi. Rosstat, invece, ottiene dati mensili che tengono conto anche dei follow-up. Solo nelle ultime 24 ore sono morte 1.189 persone a causa del Covid-19, il numero più alto dall’inizio dell’epidemia. Lo ha fatto sapere il centro nazionale per la lotta al virus.


I ritardi e le omissioni

«La popolazione si comporta come se non ne avesse idea o non gliene importasse più. La gente ha iniziato a morire come mosche, è una catastrofe», dice il demografo indipendente Alexey Raksha, ex dipendente di Rosstat che ha perso il lavoro dopo aver osato criticare la gestione dei dati Covid da parte dell’agenzia. Con la chiusura dei negozi non essenziali, le scuole e i luoghi di intrattenimento, per la cosiddetta settimana non lavorativa di 11 giorni nella Capitale, le autorità sperano adesso in un rinvigorimento della campagna di vaccinazione. I dati, però, sono ancora troppo bassi: si parla del 32 per cento della popolazione completamente vaccinata contro una media Ue del 65. Un flop che neanche le autorità russe hanno provato a nascondere: «C’è una tradizione, incolpare di tutto il governo», dice, polemico, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dall’agenzia di stampa statale TASS. «E, naturalmente, non è stato fatto tutto ciò che avrebbe dovuto essere fatto, in termini di comunicazione in merito all’importanza della vaccinazione e della mancanza di alternative. Allo stesso tempo, è necessaria anche una posizione più responsabile da parte di tutti i cittadini del Paese», aggiunge.


La sfiducia

Tra i russi, stando ai sondaggi diffusi, c’è una profonda «sfiducia» nei confronti dei vaccini contro il Covid, acuita forse dalla corsa della Russia a essere il primo Paese ad annunciare l’autorizzazione a un’iniezione di Covid 19 con il suo Sputnik, mai autorizzato in Europa, quindi nemmeno in Italia (a usarlo solo i cittadini del piccolo Stato di San Marino, come documentato da Open). «La campagna è stata gestita in modo errato fin dall’inizio, perché i vaccini sono entrati nel mercato russo prima della conclusione degli studi clinici su larga scala», ha affermato Alexey Erlikh, capo della cardiologia in un ospedale di Mosca, che è stato due volte un hub per il trattamento dei pazienti Covid.

Foto in copertina di repertorio: EPA/ALEXEI DRUZHININ/ANSA

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