«Vi curo ma vi disprezzo. Mi fate schifo». Lo sfogo del primario di Pesaro esaurito dai No vax

Il messaggio ha raccolto parecchi commenti, molti dei quali proprio da chi si dice contrario al vaccino

«Cerco di essere il più possibile politicamente corretto. Ma adesso non posso più farlo». Comincia così l’ultimo post contro la comunità No vax pubblicato su Facebook dal primario facente funzioni del pronto soccorso dell’ospedale San Salvatore di Pesaro, Umberto Gnudi. «All’ennesimo caso di No vax positivo (anziano con figli No vax, strafottente cinquantenne “tanto a me non capita”, trentenne palestrato “con questo fisico non ho paura di niente”) che vuol dire più lavoro e più rischio per noi sanitari stremati, ma soprattutto meno risorse e posti letto per tutti gli altri malati, vittime innocenti di cieca stupidità, ho perso la pazienza! Non voglio più avere a che fare con voi!!!», ha scritto. E ha poi aggiunto: «Siete tra i miei amici di Facebook? Vi prego, se vi è rimasta una briciola di dignità, cancellatevi. Altrimenti, appena me ne accorgo, lo farò io». Poi la chiusa, lapidaria: «Venite in Pronto soccorso malati?  – continua il medico nel post -. Vi curerò, è il mio lavoro, ma senza parlarvi. Sappiate che vi disprezzo. Non è questione di libertà di pensiero, ma di rispetto per la comunità. Non ne avete, non ne meritate. Avrete le mie cure al meglio che posso, come sempre. Ma sappiate che mi fate schifo». 


Il messaggio, che non è passato per nulla inosservato, ha raccolto una serie di commenti, alcuni dei quali lasciati proprio da chi si dice contrario alla vaccinazione contro il Coronavirus. Risposte cui il medico ha prontamente risposto: «Sono medico di pronto soccorso e 118 da vent’anni e in questi anni ho imparato che l’empatia, la buona parola, la compassione sono esse stesse cura, spesso altrettanto efficace dei farmaci. Ma non posso provare empatia per un atteggiamento distruttivo ed egoista quale è il rifiuto ideologico del vaccino. Come medico, curo con la scienza; come uomo, guarisco assieme al paziente. La pietas per il paziente è sempre presente e cresce esponenzialmente nel caso di persone esposte loro malgrado al virus, perché familiari più in salute hanno deciso per loro di non vaccinarle. Vedere morire boccheggiando un anziano mi fa schifo, e quando nell’ambulatorio accanto il medico che sono curerà, in scienza e coscienza, l’autore del contagio, l’uomo che sono non potrà provare rispetto per lui».


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