Pensioni e Opzione tutti: quanto si perde con l’uscita anticipata e il ricalcolo contributivo

Una simulazione della Cgil calcola come potrebbero cambiare gli emolumenti dei sussidi se si va in pensione quando si vuole ma prendendo quanto versato, secondo la proposta del governo Draghi ai sindacati

Opzione Tutti fa perdere fino al 35% della pensione. Una simulazione della Cgil calcola come potrebbero cambiare gli emolumenti dei sussidi se si va in pensione quando si vuole ma prendendo quanto versato, secondo la proposta del governo Draghi ai sindacati. Ricalcolare la pensione con il sistema contributivo comporta una perdita netta tra il 20 e il 35% dell’assegno. Ovvero, calcola oggi Repubblica, tra 20 e 130 mila euro di minori incassi dall’uscita agli 82 anni, attuale traguardo della vita media. La Cgil ne parlerà oggi nell’incontro in programma nel primo pomeriggio con Mario Draghi. Il primo dopo lo sciopero generale di giovedì.


In pensione quando si vuole ma prendendo quanto versato

Attualmente le regole prevedono che il prossimo anno si vada in pensione con Quota 102: 64 anni di età e 38 di contributi o simili. Dal 2023 torna in campo la legge Fornero. E il suo scalone: in ritiro a 67 anni o con 42 anni e dieci mesi di contributi (o un anno e mezzo per le donne). Il presidente del Consiglio ha proposto una riforma che prevede la cosiddetta Opzione Tutti. Ovvero si va in pensione (relativamente) quando si vuole, ma finché non si raggiunge l’età della legge Fornero si prende soltanto quanto versato. Il prodotto è un ricalcolo della somma mensile per quanti sono nel sistema misto e hanno meno di diciotto anni lavorati prima del 31 dicembre 1995.


Il meccanismo è lo stesso di Opzione Donna: uscita a 58-59 anni ma con un terzo in meno dell’assegno. Chi esce con 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995 avrà quindi una pensione pari a 674 euro mensili invece degli 870 che gli spetterebbero. Con un 40% di riduzione sulla quota retributiva e un 22,6% sulla pensione totale. Chi ha dieci anni di contributi dovrebbe avere un assegno di 846 euro e invece ne riceverebbe 731, perdendone 115 (al mese). Infine, chi ha cinque anni di contributi prima del 1995 dovrebbe ricevere 803 euro ma invece ne porterà a casa 748, con un taglio del 7%.

I 40enni di oggi in pensione a 70 anni

I quarantenni di oggi invece rischiano di andare in pensione dopo i 70 anni, come certificato qualche giorno fa dall’Ocse. Potranno anticipare soltanto se raggiungono una pensione multipla dell’assegno sociale per 1,5 o 2,8 volte a seconda dei casi. E questo significa che chi ha “buchi” contributivi, ha lavorato in modo discontinuo, i precari e le donne andrà in pensione molto tardi. Anche per questi lavoratori i sindacati chiedono una soluzione al governo. C’è l’Ape Sociale, allargata alle occupazioni più gravose. Ma alla fine a beneficiarne saranno appena 1.700 lavoratori secondo la relazione tecnica del Senato.

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