Lo scambio d’identità con il positivo: come funziona la truffa No vax della finta guarigione per il Green pass

L’espediente per avere il Green pass “fregando” le farmacie. E il precedente del test rapido per gabbare il medico di base

Ieri i Nas dei carabinieri hanno sospeso una cinquantina di punti tampone. L’accusa è quella di aver riscontrato operazioni irregolari nell’inserimento dei risultati dei test sul portale del ministero della Salute. Il servizio è stato deciso dopo l’aumento di casi di positivi che si sono presentati con il codice fiscale di amici e conoscenti No vax in modo da fare risultare anche loro positivi e successivamente guariti. Nelle farmacie e nelle strutture dove vengono effettuati i test gli operatori sono, infatti, «tenuti a controllare l’identità delle persone che si sottopongono al test, essendo un trattamento sanitario che si conclude con un referto», spiega il comandante del gruppo tutela della salute dei carabinieri di Milano, Salvatore Pignatelli.


E invece, come hanno appurato le indagini, per ottenere il Green pass senza vaccinarsi c’è chi si è organizzato. Con quella che in gergo viene definita la truffa della tessera sanitaria. Come funziona la truffa della finta guarigione lo spiega oggi Il Messaggero: un positivo va in farmacia e chiede di fare il tampone. Ma mostra i documenti (ovvero la tessera sanitaria e il codice fiscale) di qualcun altro che lo ha forse pagato per farlo. Il positivo, con il risultato del test, fa registrare chi gli ha dato i documenti come positivo. E fa la stessa cosa con gli altri. Dieci giorni dopo i veri titolari dei documenti si presentano in una farmacia e con il test, stavolta negativo, ottengono il Green pass da guarigione. Il quotidiano aggiunge che anche in questo caso i No vax hanno utilizzato i social network e i servizi di messaggistica, soprattutto Telegram, per il «passaparola».


Il Nucleo antisofisticazioni dell’Arma ha messo in campo undici squadre. Con l’obiettivo di accertare che l’identità delle persone che effettuano il tampone venga verificata con tessera sanitaria, ma anche con documento. Come abbiamo raccontato, qualcuno ci prova anche con i test fai-da-te. Quelli che secondo il componente del Cts Fabio Ciciliano dovrebbero essere dichiarati da professori e genitori. Che invece a volte non lo fanno per evitare la quarantena. La truffa in questo caso funziona così: si telefona al medico di base mandandogli una foto del risultato e chiedendogli di certificare così la sua positività. Il medico pensa che così il paziente eviterà di uscire da probabilmente positivo per fare un tampone. Attesta quindi il contagio. Senza sapere che la foto è falsa o riciclata da un vero positivo.

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