Quirinale, Draghi vuole rimanere al governo dopo l’elezione. Un ministro: «Alla prima rissa cadrà tutto»

Se i partiti gli confermeranno la fiducia SuperMario resterà a Palazzo Chigi. Ma c’è chi dice che andrà male lo stesso. Ecco perché

Non importa chi sarà il nuovo presidente della Repubblica. Mario Draghi vuole rimanere al governo. Se dopo l’elezione del nuovo inquilino del Quirinale i partiti gli confermeranno la fiducia SuperMario ha intenzione di portare a termine fino alla fine della legislatura il suo mandato. Stoppando così le voci che si rincorrono in questi giorni sulle sue intenzioni. E anche se non ha rinunciato al sogno del Colle, magari alla quinta votazione e nel caso che gli altri candidati non riescano a raggiungere il quorum. «Non c’è niente di più falso», ha ripetuto secondo il Corriere della Sera a chi lo ha chiamato in queste ore in cui ha assistito sgomento alle rose sfiorite e alle carte coperte, al gioco dei veti e degli specchi, ai tentativi di spallata e ai dietrofront.


«Non gioco più, me ne vado»

Secondo i retroscena di questi giorni alla base del rifiuto del centrodestra sul nome di Draghi al Colle c’è la mancata garanzia sul nuovo governo. Se fosse SuperMario il presidente della Repubblica eletto infatti a lui toccherebbe scegliere il nome del suo successore. E la Lega, con Salvini in testa, ha paura di non avere a quel punto abbastanza potere per trattare sui posti. Per questo, anche se il suo nome – come quello di Mattarella – resta nelle rose dei papabili di queste ore Draghi per ora ha fatto un passo indietro. Ma ha anche fatto capire ai partiti che non ha intenzione di ricattarli. Per questo, fa sapere il premier, «è destituita di ogni fondamento l’indiscrezione secondo la quale Draghi intende condizionare la sua permanenza a Palazzo Chigi al nome del presidente che sarà eletto in Parlamento».


Ma c’è anche chi non gli crede. Un ministro, di cui il Corriere non fa il nome, non crede che andrà tutto liscio. «Può darsi che resti qualche settimana, ma è chiaro che al primo incidente, alla prima rissa della maggioranza se ne andrà», è il virgolettato. E d’altro canto a nessuno sfugge che con un presidente di centrodestra al Quirinale in caso di caduta o dimissioni di Draghi le urne sarebbero molto più vicine. Se non certe. E questo fa paura non solo a chi lavora sui dossier più caldi, ma anche – e soprattutto – ai tanti eletti del 2018 che oggi si troverebbero a spasso. Sia perché i loro partiti hanno subito un’emorragia di voti (M5s), sia perché il taglio dei parlamentari avrà un effetto deflagrante sulla possibilità di essere eletti alla Camera o al Senato.

I voti per Giorgetti

Intanto ieri alcuni hanno notato quei 19 voti a favore di Giancarlo Giorgetti usciti dall’urna dopo il terzo spoglio. Sembrano essere un ammonimento rivolto alla Lega. In questo scenario il “consiglio” a Salvini è quello di non mollare l’ipotesi di Draghi al Colle. Ma il Capitano deve fare i conti con Giorgia Meloni, irritatissima ieri con gli alleati per la scelta di votare scheda bianca. La leader FdI ha parlato di «occasione sprecata» e subito dopo la notizia dell’incontro del Capitano con Sabino Cassese Fratelli d’Italia ha inviato una nota stampa in cui ha ricordato a Salvini che il vertice del centrodestra aveva chiuso su altri nomi (Nordio, Pera, Moratti). Quello di Meloni sembra un invito a portare avanti la “spallata”, provando a eleggere oggi un nome della rosa del centrodestra. Il segretario leghista, invece, prende tempo e prosegue le riunioni a 360 gradi. Ma tra i leghisti c’è chi vede il rischio di una trappolone. Se l’affondo del centrodestra dovesse andare male, a quel punto il primo a farne le spese sarebbe proprio il Capitano e il suo potere futuro di negoziazione. E allora sì che tornerebbe in auge l’ipotesi di Draghi al Colle.

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