La lettera di Tiziano Renzi al figlio Matteo: «Boschi, Bonifazi e Bianchi come la banda Bassotti. Hanno lucrato su di te»

La lettera è stata depositata dalla procura di Firenze a margine del processo per bancarotta a carico del padre e della madre del leader di Italia Viva

L’imprenditore Marco Carrai? «Un uomo falso». Maria Elena Boschi, Alberto Bianchi, Bonifazi? «Una Banda Bassotti». È quanto si legge in una lettera di sei pagine del 2017, attribuita secondo fonti investigative a Tiziano Renzi, padre del leader di Italia Viva. Il testo è entrato negli atti dell’inchiesta che vede imputati per bancarotta di tre cooperative i genitori di Matteo Renzi, Tiziano Renzi e Laura Bovoli. Nella lettera all’ex premier si legge: «Ora tu hai l’immunità, non esiste più il rischio che tramite me arrivino a te: spero che inizi una nuova stagione di lotta per i valori che hanno animato la nostra vita». E ancora: «Carrai non si deve mai più far vedere da me». Negativo è anche il giudizio dato dal padre del leader di Italia Viva su quella che viene definita «banda Bassotti»: «Alberto Bianchi, Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi» che, secondo quanto si legge nella missiva, «hanno lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi e io sono stato quello che è passato per ladro». Nella lettera, Tiziano Renzi confessa al figlio di aver maturato «in questi anni in questi anni la netta percezione, la certezza, di essere considerato un ostacolo e comunque un fastidio. Come sai gli unici colloqui erano conditi di rimproveri». E ancora, rivolgendosi al figlio Matteo: «Riguardo al tuo auspicio che vada in pensione devo con forza affermare che in pensione mi ci manda il buon Dio non te. Questa vicenda – si legge ancora – mi ha tolto la capacità di relazione. Tutti quello che hanno avuto rapporti con me sono stati attenzionati solo per questo fatto. Sono – prosegue Tiziano Renzi – come il re Mida della m****, concimo tutti, stanno interrogando tutti, dipendenti e amici è folle, devo nascondermi senza aver fatto niente di male». 


I legali di Tiziano Renzi contro i pm fiorentini: «Ennesimo schiaffo alla vita delle persone»

Dopo la pubblicazione su Repubblica della lettera, i legali di Tiziano Renzi hanno diramato una nota sulla diffusione della lettera che, secondo gli avvocati difensori, in cui viene sottolineato che «un uomo in difficoltà, che vive nel terrore da un anno, provato, indagato e perquisito, si sfoga in un file di insulti al figlio e agli amici più cari del figlio. Questo documento compare improvvisamente oggi a distanza di cinque anni dal momento in cui viene redatto ed è privo di qualsiasi valore penale, ma viene ugualmente fatto circolare per tentare di alimentare sui media un processo che stenta in tribunale». Nella nota, i legali difensori del padre del leader di Italia Viva sottolineano che la circolazione della lettera costituisce «l’ennesima conferma di un modus operandi degli inquirenti fiorentini che si commenta da solo e che in assenza di violazioni del codice penale si concentra sulle difficoltà di rapporto tra padre e figlio. Nel merito l’ennesima dimostrazione del fatto che Matteo Renzi non ha mai agevolato suo padre nelle sue attività professionali. Nel metodo l’ennesimo schiaffo alla civiltà giuridica, alla vita delle persone e alla privacy di una famiglia colpita da una pervicace campagna mediatica senza precedenti».


Calenda: «Gesto ignobile»

Anche il leader di Azione, Carlo Calenda, ha commentato con parole dure la pubblicazione della lettera: «Acquisire agli atti di un processo, e pubblicare la lettera di un padre a un figlio è un nuovo record di ignominia. Complimenti».

Foto in copertina: ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI

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