Guerra in Ucraina, pugno duro di Mosca contro i media indipendenti costretti a chiudere. Meduza: «Non ci silenzierete»

Stop alla radio Echo di Mosca e alle emittenti televisive Dozhd e Tv Rain. Le reazioni delle testate non allineate al Cremlino

È stata chiusa oggi la storica radio Echo di Mosca che si era rifiutata di aderire alle linee guida del Cremlino per la comunicazione sulla guerra in Ucraina. La stazione radio aveva già smesso di trasmettere martedì, ma fino ad oggi era ancora possibile trovare la diretta su YouTube. La chiusura è stata comunicata dal caporedattore Alexei Venediktov su Telegram. La radio era nata per raccontare il tentato golpe contro Mikhail Gorbaciov nel 1991 e si era sempre distinta per la sua voce indipendente. La copertura dell’invasione dell’Ucraina non era andata giù al censore federale russo Roskomnadzor, che aveva imposto ai media di riferirsi all’invasione dell’Ucraina con le parole «operazione militare speciale», le stesse utilizzate dal presidente Vladimir Putin nel discorso del 24 febbraio con cui di fatto ha aperto le ostilità.


La reazione degli altri media indipendenti

«Non cambieremo la nostra linea editoriale», aveva detto Venediktov a Reuters questa settimana, prima che il procuratore generale ordinasse lo stop dell’emittente radiofonica. Costrette alla chiusura anche le televisioni indipendenti Dozhd e Tv Rain. Il pugno duro di Mosca ha suscitato le reazioni dei media indipendenti ancora attivi. Tra questi anche il giornale online Meduza: «Non ci potete silenziare», si legge in un editoriale della redazione, «questi sono atti di censura, punto e basta». The Village, un altro giornale online indipendente, ha pubblicato un comunicato che spiega che tutti gli articoli verranno modificati per rispettare le linee guida del censore, ma ribadisce che «una rosa profuma di rosa, che la si chiami col suo nome o meno».


Fino a 15 anni di carcere per la «diffusione di fake news»

Nel frattempo, la pena per la diffusione di presunte fake news in Russia è salita da tre a quindici anni di carcere, riporta il Corriere. Tutto ciò avviene mentre alcune testate russe vengono escluse dalle piattaforme internazionali, riferisce il Fatto Quotidiano. YouTube ha sospeso la monetizzazione di diversi canali russi, tra cui Russia Today, mentre Spotify ha rimosso dalla piattaforma i contenuti sponsorizzati dallo stato russo, e Netflix si è rifiutata di trasmettere venti canali locali in diretta.

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