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Il caso a Mariupol, i media ucraini: «Rapita dai russi la ragazza simbolo dell’attacco all’ospedale»

02 Aprile 2022 - 23:50 Redazione
La donna, sopravvissuta al raid russo, sarebbe stata presa dalle forze d'occupazione di Mosca e sarebbe stata costretta a negare il raid contro l'ospedale

Mariana Vyscemyrska, la ragazza ritratta mentre scappava dall’ospedale pediatrico di Mariupol’ dopo l’attacco russo, sarebbe stata rapita dalle forze d’occupazione russe. A darne notizia è il giornale ucraino online Obozrevatel. La donna, che di mestiere fa la blogger e che era incinta al momento del raid, aveva partorito dopo essere sopravvissuta alle bombe. I volontari citati dal giornale riportano che i suoi parenti avevano insistito affinché venisse accompagnata nel territorio rimasto sotto il controllo dell’Ucraina, per evitare che la donna venisse presa e usata «per i scopi propagandistici della Russia». Ora, però, Vyscemyrska sarebbe stata rapita e costretta a negare persino il raid di cui è stata vittima. Già poco dopo l’aggressione, l’informazione legata a Mosca aveva fatto partire polemiche nelle quali si parlava di una messa in scena. La versione ufficiale della Russia è che l’ospedale colpito non fosse più in uso come struttura sanitaria, ma che venisse utilizzato come base militare.

Il video della donna incinta dopo il rapimento dei russi: «Gli ucraini hanno trasformato l’ospedale in una base militare»

In un video diffuso nelle ultime ore, la donna sarebbe stata utilizzata dai russi per la registrazione di un video di propaganda anti-Ucraina, in cui dichiara che l’ospedale di Mariupol’ «è stato utilizzato come base militare dalle truppe ucraine», sostenendo dunque la versione fornita da Mosca sul motivo del bombardamento del nosocomio. E davanti alla telecamera dichiara:

Mi chiamo Marianna Vishemirskaya, prima della guerra vivevo a Donetsk, a Makeevka per la precisione. Successivamente ho conosciuto mio marito e abbiamo deciso di vivere insieme, di sposarci, ed è così che mi sono trasferita a Mariupol’ nel 2020, prima che i confini venissero chiusi. La maggior parte delle persone credeva che non sarebbe successo nulla di spaventoso e che ce l’avremmo fatta. Ma poi, quando la situazione è degenerata, le persone sono state prese dal panico, non potevano fuggire, non veniva permesso loro di andarsene. Alcuni amici di mio marito e sua moglie hanno tentato di fuggire, ma sono morti a causa dell’esplosione di una mina a Zaporizhye. Il 2 marzo hanno tolto l’acqua, l’elettricità, è stato ridotto il gas per alcuni giorni, ma poi è stato ripristinato, ma non c’era più niente. Il 6 marzo abbiamo deciso di andare via perché ero prossima al parto e una volta arrivati all’ospedale pediatrico di Mariupol’, sono stata accettata nell’unità numero 3, mentre dalle unità 1 e 2 sono stata rifiutata. Nell’unità 2 non accettavano più pazienti, mentre nell’unità 1 era presente la strumentazione più moderna e avanzata. All’inizio il personale ha detto alle donne ricoverate nell’unità 1 che avrebbero potuto lasciare l’ospedale, e successivamente hanno detto loro di abbandonarlo, sostenendo che presto sarebbero arrivati le truppe (ucraine, ndr), che avrebbero preso il controllo dell’ospedale. In seguito tutte le donne sono state sposta nell’unico reparto rimanente, dove era presente un solo generatore di corrente che era usato per la ventilazione dei bambini. La struttura è diventata una “base militare”, dove convivevano le truppe (ucraine, ndr), i mariti delle donne e le donne incinte. All’esterno era presente una cucina da campo, dove le portavano da casa le cose per preparare da mangiare. Le truppe non aiutavano nessuno in nessun modo, solo una volta sono venute a chiedere del cibo e gli è stato risposto: “Quale cibo? Questo è tutto per le donne incinte…”.

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