Italia Viva contro la riforma Cartabia. Cosimo Ferri: «Il ministro ci ha escluso da ogni trattativa» – L’intervista

Il partito di Renzi annuncia che non voterà la proposta che interviene su Csm e carriere dei magistrati. L’ex capo di Magistratura Indipendente: «Intervento timido e che rafforza le correnti»

Responsabile giustizia del partito di Matteo Renzi, magistrato fuori ruolo, storico leader di Magistratura Indipendente, Cosimo Ferri è forse il più vivace tra gli animatori della battaglia in commissione, a colpi di emendamento, che sta mettendo in difficoltà il ministro della Giustizia Marta Cartabia. Per questa sera, in seduta notturna, è atteso un nuovo scontro sul testo di riforma dedicato ai criteri di elezione del Consiglio superiore della magistratura e all’organizzazione giudiziaria. L’obiettivo del ministro è ottenere l’approdo in aula il 19 aprile, con l’idea di lasciar spazio alla discussione alla Camera, per poi molto probabilmente porre la questione di fiducia al Senato. Inizialmente il testo veniva criticato da più parti, poi Cartabia ha trovato l’intesa quasi con tutta la maggioranza, esclusa Italia Viva appunto. Matteo Renzi, a tarda mattinata, ha annunciato che il suo partito non voterà l’attuale riforma e l’ha definita inutile. Ferri rincara la dose: «È una riforma poco coraggiosa su tutti i punti che annunciava di voler modificare. E non è indispensabile per ottenere i fondi del Pnrr, meglio concentrarsi sugli aspetti collegati ai finanziamenti».


Ferri, chi vi critica sostiene che la vostra posizione intransigente sulla riforma della giustizia rischia di far traballare la maggioranza, tra l’altro in un momento delicatissimo. Cosa risponde?


«Noi stiamo cercando di collaborare e portare avanti delle proposte all’interno della maggioranza. Cartabia ci ha ascoltato ma non ha fatto nessuna apertura, ha coinvolto tutte le forze politiche di maggioranza ma su nessun punto ha aperto ad Italia Viva. Formalmente è corretto, per carità, ma registriamo la totale mancanza di disponibilità».

Quali sono i punti principali di dissenso?

«Siccome crediamo nel governo Draghi vogliamo che dia la luce a una riforma importante che serve, e affronti i nodi principali. Invece questa riforma non ha coraggio su nessun punto. Vuole affrontare il correntismo (gli accordi di spartizione tra correnti dell’Associazione nazionale magistrati ndr)? La proposta Cartabia rende le correnti più forti perché il sorteggio dei collegi elettorali per il Consiglio superiore della magistratura, parte dell’intesa del ministro con la Lega, obbliga i candidati a rivolgersi proprio alle correnti presenti sul territorio. Se io sono un candidato dell’Abruzzo e mi assegnano il collegio di Roma o di Trieste a chi posso rivolgermi se non ai capi corrente per ottenere dei voti? Ma i punti sono tanti altri, prendiamone uno su cui si è espresso anche il presidente della Repubblica.

Mattarella aveva detto che i posti direttivi e semidirettivi devono essere pubblicati e coperti in ordine cronologico. Il ministro ha inserito questo principio, permettendo però deroghe in casi straordinari e ha bocciato persino l’emendamento del Pd che chiedeva che queste deroghe fossero limitate. Poi si allunga a 6 anni la durata di un incarico direttivo o semidirettivo dagli attuali 4, escludendo tutti quelli che andranno in pensione tra cinque anni e non sei, molti dei quali con esperienza di tutto rispetto da dirigenti. Persino sui fuori ruolo è stata timida: ho proposto di togliere la doppia indennità a coloro che vanno a lavorare nei ministeri. Un capo dipartimento guadagna 267 mila euro lordi l’anno, ha davvero bisogno dello stipendio da magistrato? Niente, anche su questo ha dato parere contrario. E poi, perché i capi di gabinetto quando rientrano hanno un trattamento diverso da chi è stato eletto? Quelli sono incarichi politici e guadagnano stipendi d’oro perché valutarli diversamente?»

Ci sono degli elementi di novità: si separano più nettamente le carriere di giudice e pm, si introduce la valutazione dei magistrati….

«Io non ho firmato neanche l’emendamento di Italia Viva, sono contrario alla separazione delle funzioni che tra l’altro attualmente è un non problema. I magistrati che cambiano funzione si contano sulle dita di una mano. Ma o fai un taglio netto, magari con il doppio Csm, oppure anche qui è una riforma a metà. Rafforzando il peso delle correnti diventa pericolosa l’introduzione delle pagelle. Io che conosco le dinamiche interne, le dico che il magistrato che invece di “buono” vuole “ottimo” si metterà in coda nella corrente più potente nel suo distretto, a discapito del magistrato che nessuno conosce e produce quantità e qualità».

Non c’è il rischio di mettere in pericolo la maggioranza? Si dice che la riforma abbia impatto sul Pnrr il ministro ha detto di aver concordato l’intervento sul Csm con la Commissione europea…


«Le riforme che incidono sul Pnrr sono altre, quelle dei processi civili e penali per i quali mancano ancora i decreti delegati. Diamo spazio alla scrittura dei decreti, piuttosto di addentrarci in un intervento come questo».

E i rischi per il governo? Italia Viva ha sempre sostenuto Draghi.


«La nostra posizione non mette a rischio i numeri del governo, l’unica voce contraria all’attuale testo è quella di Italia Viva. Abbiamo una posizione costruttiva, continueremo a presentare i nostri emendamenti in commissione e poi in aula. Il premier Draghi aveva, tra l’altro, detto che non intende porre la questione di fiducia».

E se invece fosse posta?

«Immagino che prima di metterla ci sarà un confronto con la maggioranza, decideremo come partito».

Una parte dell’Anm dice che Italia Viva non avrebbe dovuto affidare a lei questa discussione, perché risponde di un procedimento disciplinare davanti al Csm tra l’altro proprio per una vicenda relativa al peso delle correnti, ovvero all’inchiesta sull’ex presidente dell’Anm, Luca Palamara.

«Credo che sia un’interferenza gravissima. Nessuna corrente dell’Anm ha il diritto di scegliere i membri della delegazione di un partito, così come non sarebbe giusto se un partito si mettesse a sindacare su chi sceglie l’Anm per incontrare il ministro o confrontarsi in commissione. I fatti di cui parliamo non riguardano in alcun modo il merito del mio procedimento disciplinare».

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